domenica 18 dicembre 2011

Bellissima Alessandria. Per la meritocrazia nei concorsi, 10 100 1000 petizioni


Nell'Italia delle cento città e delle cento università, una notizia che infonde speranza non viene dai grandi atenei di Roma, Milano, Bologna etc. ma da un piccolo ateneo di "periferia".

L'esito contestato di un concorso in economia politica alla facoltà di giurisprudenza dell'Università del Piemonte Orientale ha suscitato la risposta della comunità accademica, con in prima fila precari e ricercatori ma anche professori associati e ordinari, che ha fatto circolare una petizione capace di raccogliere numerose adesioni in pochi giorni attirando l'attenzione dell'opinione pubblica sulla vicenda.

Ebbene, oggi i firmatari della petizione hanno ricevuto la seguente comunicazione:

Gentile firmatario,
siamo lieti di comunicare che, in data 16 dicembre 2011, il Rettore Prof. Paolo Garbarino ha inviato ai sottoscrittori della Lettera aperta il seguente comunicato:

In merito al concorso per un posto di ricercatore di Economia politica bandito dalla Facoltà di Giurisprudenza di Alessandria, il Rettore, professor Paolo Garbarino, dopo aver effettuato una verifica degli atti, ha riscontrato irregolarità. Gli atti, pertanto, non sono stati approvati e sono stati rinviati alla Commissione giudicatrice. La Commissione è stata invitata formalmente a riconvocarsi per rinnovare la procedura concorsuale a partire dalla definizione dei criteri, in coerenza con la normativa vigente.

Ringraziamo il Rettore per l’attenzione prestata alla Lettera aperta e per la celerità e lo scrupolo con cui ha valutato la documentazione del concorso in oggetto. Nel ringraziarla per il suo sostegno all'iniziativa, rinnoviamo la speranza che questa vicenda contribuisca a diminuire la discrezionalità della selezione nelle procedure comparative per il reclutamento del personale universitario. Cordiali saluti.


Non possiamo che augurarci che l'esempio di Alessandria si diffonda come un'epidemia nel nostro Paese, segnando una svolta nel senso della meritocrazia nei concorsi come accade negli altri paesi europei e altrove nel mondo, a partire dai prossimi concorsi a ricercatore tempo determinato che inizieranno presto a svolgersi e per i quali le prospettive sono tutt'altro che beneauguranti. Molti di questi nuovi posti a tempo determinato infatti finora sono stati banditi su profili ultra-particolareggiati e in tutta evidenza "tagliati su misura" come un abito di nozze, e non emerge con chiarezza quando siano davvero legati a progetti di ricerca finanziati dall'esterno con fondi extra-statali.

Se non si avrà tale svolta meritocratica, come purtroppo tutto lascia presagire, l'Italia sarà condannata alla marginalità e al declino, più di quanto lo sia già oggi.

Alessandria però indica una nuova strada possibile. Non è che l'inizio?



mercoledì 23 novembre 2011

Carissimo Savonarola....

Spettabile Ministro Profumo,
ci risiamo.
Ecco un link all'ennesimo bando RTDa contenente evidenti profili di illegalità ai sensi di quanto previsto dalla L.240/10 emanata dal suo predecessore Gelmini.

http://ingchim.ing.uniroma1.it/concorsi-e-borse/documenti/bando_Ric_TD_012011_rev%20AC.pdf

Anche questa volta, per l'ennesima volta, APRI provvederà a scrivere una letterina al Direttore del dipartimento incriminato e per conoscenza al Rettore dell'Ateneo e ai vertici del MIUR, in modo da cercare di tamponare una situazione che ormai è esplosiva.

Sono infatti mesi che la nostra associazione, in maniera assolutamente gratuita, sta effettuando un servizio di monitoraggio di tutte le procedure di selezione che i vari Atenei stanno avviando per verificare l'effettiva rispondenza delle stesse ai dispositivi di legge.

In buona o cattiva fede che sia (noi un'idea ce la siamo fatta), possiamo affermare che una buona parte dei bandi per RTD usciti finora sono infatti risultati ILLEGALI sotto differenti punti di vista:

- bandi contenenti profili di candidati molto più dettagliati che la semplice menzione del SSD di interesse;
- bandi che prevedono vere e proprie prove orali oggetto di valutazione;
- bandi che includono nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni anche una valutazione delle competenze del candidato sugli argomenti di ricerca oggetto del finanziamento;
- bandi che non menzionano la fonte di finanziamento.

Inutile dirLe che per quanto i nostri sforzi possano essere grandi, non è questo il nostro mestiere (a differenza di quello dei funzionari del MIUR) e pertanto è probabile che i casi da noi individuati e affrontati siano solo una goccia nel mare dei bandi illegali attualmente usciti e magari anche scaduti e andati a buon fine.

Ciononostante siamo riusciti in molti casi a far correggere i bandi (nel caso degli unici due bandi RTDb finora usciti, presso lo IUSS di Pavia, non solo siamo riusciti a far correggere il bando inizialmente illegale, ma anche a far correggere il verbale di commissione con i criteri di valutazione, anch'essi manifestamente al di fuori della legge) a tutto vantaggio di procedure selettive democratiche, trasparenti e meritocratiche, come nello spirito della nostra associazione.

Con la presente avanziamo pertanto due proposte, non necessariamente alternative:
- la prima è che il MIUR inizi a muoversi seriamente e concretamente per porre rimedio ad una situazione di illegalità diffusa incancrenitasi in mesi di totale latitanza dei suoi funzionari (ivi compreso il nuovo DG Livon) e che vede i precari della ricerca come prima vittima: da questo momento infatti ci sentiamo legittimati nel ritenere LEI, in quanto Ministro, responsabile di quanto sta accadendo e accadrà in futuro;
- la seconda è che offra il posto (e lo stipendio) di Direttore Generale alla nostra associazione, visto che nei fatti stiamo svolgendo questa attività: ad occhio ci possiamo coprire 4-5 assegni di ricerca.

Cordiali Saluti

APRI

giovedì 10 novembre 2011

APRI SU LEGGE DI STABILITA'


L’Italia nella crisi. Le proposte dei precari della ricerca per la “legge di stabilità”

La crisi politico-economica in cui è precipitato il nostro Paese richiede un’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Al tempo stesso, la crisi non deve diventare un’ulteriore occasione per mortificare le energie migliori del Paese; anzi deve costituire un’opportunità di rilancio che guardi con lungimiranza alle prospettive di medio e lungo periodo di crescita dell’economia italiana.

In tal senso, riteniamo che il settore dell’università e della ricerca debba essere chiamato a contribuire sia alle esigenze di razionalizzazione e contenimento delle spese, sia alle altrettanto importanti esigenze di rilancio dell’economia del Paese.

Sulla base di queste premesse, proponiamo che il decreto di stabilità che sarà presto discusso e poi convertito in legge dai due rami del Parlamento contenga tre linee di azione fondamentale, due dedicate al contenimento delle spese e una alla valorizzazione del comparto ricerca in chiave di sviluppo.

Sul versante del contenimento delle spese proponiamo:

- di adottare misure volte ad accelerare il processo di svecchiamento dell'università, anticipando almeno a 68 anni l’età di pensionamento dei professori (ordinari e associati).
- di provvedere a un congelamento del piano straordinario di "promozione" degli attuali ricercatori a professori associati, che si configura come un “finanziamento a pioggia” con scarse ricadute sulla produttività scientifica del sistema universitario.

Sul versante del rilancio del settore ricerca proponiamo in particolare:

- il rifinanziamento massiccio del programma “Futuro in Ricerca” dedicato ai giovani, basato esclusivamente sul principio dell’eccellenza scientifica e aperto a tutte le discipline, sull’esempio di analoghi programmi europei come “Ideas” dell’European Research Council.

APRI - Associazione dei Precari della Ricerca Italiani

9 novembre 2011

sabato 29 ottobre 2011

E' ufficiale: concorsi ad personam!


La Riforma Gelmini era stata annunciata come una riforma epocale, capace di portare finalmente l'università italiana in Europa, introducendo maggiore competizione, meritocrazia e trasparenza nel reclutamento.

La realtà che si presenta oggi appare invece di tutt'altro segno. Sembra ormai cosa ufficiale: le posizioni di ingresso nell'università italiana - i ricercatori a tempo determinato - sono assegnate ad personam, su profili dettagliati alla portata solo dei "predestinati" vincitori.

Dei 113 bandi presenti nel sito bandi.miur.it ben 72 (circa il 63%) sono infatti banditi con indicazione di progetti di ricerca dai contenuti quasi sempre molto specifici, un pò come avviene già con gli assegni di ricerca. E tutti sanno che gli assegni di ricerca sono attribuiti ad personam, con pochissime domande, spesso soltanto quella del vincitore; quindi tutto lascia presumere che anche per questi posti di ricercatore a tempo determinato non ci sarà competizione tra candidati. Farà domanda chi ha il profilo corrispondente al progetto di ricerca indicato.

Il bello (per modo di dire... in realtà è tutto molto sconfortante) è che dalla scheda di ciascun bando presente sul sito non si evince neppure se esista davvero una fonte esterna di finanziamento che giustifichi l'indicazione di un progetto di ricerca o se questi posti siano banditi con risorse del Fondo di Finanziamento Ordinario.

In Italia non c'è mai limite al peggio. Il MIUR deve intervenire al più presto, quantomeno per imporre alle università una più severa autoregolamentazione nella gestione del reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, obbligandole a indicare eventuali fonti esterne di finanziamento nel caso in cui nel bando ci fosse un progetto di ricerca già delineato nei particolari.

giovedì 20 ottobre 2011

Abilitati (solo) con i capelli bianchi


Nei giorni scorsi è circolata in modo informale la bozza del “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale” a cura del Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR).

APRI – Associazione dei Precari della Ricerca Italiani – ritiene che tale documento contenga alcune disposizioni che meritano un giudizio senz’altro positivo, a partire da quelle che impongono una maggiore trasparenza e obiettività al lavoro delle commissioni giudicanti. In particolare, si apprezza, nei settori disciplinari in cui ciò è possibile, l’uso degli strumenti bibliometrici, sulla base delle indicazioni fatte pervenire dall’Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario (ANVUR).


Al di là di questi aspetti positivi, APRI non può tacere le forti perplessità suscitate dall’articolo 3., comma 4, della bozza in cui si dice:

Nella valutazione di candidati già in servizio come professori associati o ricercatori o in posizioni equivalenti all’estero, fatta salva la considerazione complessiva dei titoli di cui all’articolo 4, comma 4, e all’articolo 5, comma 4, sono prese in considerazione esclusivamente le pubblicazioni prodotte dopo la nomina nella posizione in godimento”.

In altre parole, saranno prese in considerazione ai fini dell’abilitazione soltanto le pubblicazioni prodotte dal momento di entrata in ruolo. Tale norma spiana la strada a coloro che sono in ruolo da più anni, escludendo di fatto i neo-ricercatori (a tempo indeterminato e tempo determinato) dalla possibilità di conseguire l’abilitazione fin dalle prime tornate, pur avendo raggiunto una maturità professionale e scientifica adeguata. Evidentemente, dubitando della capacità di imporre una selezione basata su criteri scientifico-meritocratici, il MIUR ha preferito affidarsi ai più rassicuranti meccanismi gerontocratici di riproduzione della classe docente italiana; gli stessi che per anni hanno regolato il funzionamento dell’università italiana. È desolante constatare come ciò avvenga a dispetto delle reiterate promesse di Riforma del sistema e di rinnovamento generazionale.

Come APRI continuiamo a sostenere il principio secondo cui la selezione per l’abilitazione debba tenere conto della produzione scientifica recente, per esempio degli ultimi 5 anni nel caso della abilitazione a professore associato e dei 10 anni precedenti nel caso della abilitazione a professore ordinario. Tale principio di valutazione (peraltro contenuto anche nel parere dell’ANVUR in merito ai criteri di abilitazione nazionale) consente di selezionare i ricercatori che hanno dimostrato di essere adeguatamente produttivi in un recente periodo, di durata sufficiente a garantire la necessaria esperienza richiesta per il ruolo per cui si fa domanda di abilitazione.

Al contrario, la norma contenuta nell’articolo 3. della bozza ministeriale penalizza gravemente i giovani precari della ricerca, che devono già sostenere un percorso di carriera accidentato, dagli esiti assolutamente incerti e ancora oggi purtroppo largamente indipendenti dal merito scientifico. Entrando in vigore tale norma, i tempi di accesso a una posizione stabile si allungherebbero inevitabilmente, con effetti disastrosi sul lungo termine di scoraggiamento nei confronti delle nuove generazioni che oggi intraprendono gli studi universitari di alta formazione.

In particolare, i giovani precari che avranno accesso alle posizioni di “tenure-track” previste dalla legge 240/2010 (nota come Legge Gelmini di Riforma dell’Università) dovranno condurre una lotta impossibile contro il tempo (meno di tre anni) per produrre pubblicazioni sufficienti a conseguire l’abilitazione, pena la loro esclusione definitiva dal sistema universitario. Tale situazione va confrontata con quella dei ricercatori a tempo indeterminato in ruolo da tempo, ai quali verrà concesso di presentare pubblicazioni e titoli accumulati nell’arco di anni se non di decenni.

Altro che tenure-track e carriera basata sul merito: questo è un invito chiaro e tondo a “lasciare ogni speranza voi che entrate” o, meglio, voi che volete entrare in questo sistema sempre uguale a se stesso nel tempo, dove tutto cambia perché nulla cambi.

martedì 4 ottobre 2011

La riforma Gelmini e il miraggio della tenure-track

Rispetto alla precedente "riforma Moratti" che aveva scatenato vibranti proteste da parte dei ricercatori precari perché eliminava il ruolo di ricercatore a tempo indeterminato senza proporre un percorso alternativo credibile di accesso permanente al ruolo, una delle novità dell’originario "Disegno di Legge Gelmini" (poi Legge 240/2010) era l’introduzione della “tenure-track”, ossia il percorso di accesso alla carriera accademica mutuato dal sistema accademico statunitense, per il quale a cinque anni dall’assunzione l’assistant professor è sottoposto a una valutazione del proprio operato e in caso positivo è assunto come associate professor, mentre in caso negativo deve trovarsi altra sistemazione.

I comunicati ministeriali (del MIUR) annunciavano trionfalmente l’introduzione di questo meccanismo in Italia, che avrebbe messo fine al fenomeno tutto italiano dei “ricercatori a vita” e adeguato il sistema italiano a quello internazionale (ormai sempre più paesi adottano tale sistema per rendere più selettivo e al tempo stesso più allettante l’accesso alla carriera accademica). Durante l’iter parlamentare, per effetto dell’operare congiunto delle solite forze oscure, la Commissione parlamentare del Senato incaricata di accompagnare il Disegno di Legge in Parlamento aggiunse alle posizioni “tenure-track” (3 anni e eventuale immissione in ruolo) delle altre “senza tenure-track” (3 anni rinnovabili per 2 e poi stop), di fatto assimilabili a posizioni post-doc con un po’ di carico didattico. Una bella fregatura per i precari e tutti quelli che aspirano a una posizione accademica in Italia. Anche se i comunicati ministeriali lo scorso dicembre, quando il disegno legge venne approvato definitivamente dal Parlamento, continuavano a sbandierare l’introduzione della tenure-track, la riforma Gelmini per chi è oggi fuori dal ruolo non fa che prospettare un futuro di ulteriore precarietà. Altro che tenure-track e sistema internazionale di reclutamento!

La “legge Gelmini” infatti non prevede alcun incentivo per gli atenei all’assunzione di Ricercatori TD con “tenure track”. A riprova di ciò basta scorrere i 78 bandi per ricercatore a tempo determinato oggi disponibili sul nuovo sito allestito dal MIUR (bandi.miur.it/jobs.php/public/cercaJobs). Di questi soltanto due sono per posizioni di ricercatore di tipo b) (con tenure-track), per di più di un Istituto di Studi Superiori, gli altri settantasei sono per ricercatori a scadenza.

Con la "riforma Gelmini" le prospettive di chi aspira a fare ricerca oggi in Italia dunque sono peggiorate sostanzialmente. L’introduzione della tenure-track rimane un miraggio riservato a pochi se non a nessuno, fino a prova contraria.

giovedì 22 settembre 2011

LA POSITIVA SORPRESA ANVUR

L’APRI, Associazione dei Precari della Ricerca Italiani, ha seguito con attenzione in questi mesi l’acceso dibattito sui requisiti scientifici necessari per conseguire l’abilitazione nazionale a Professore Associato e Ordinario, nonché su quelli che uno studioso dovrà possedere per essere nominato membro della Commissione giudicatrice.
Associazioni di docenti, enti, singoli esperti sono intervenuti nel dibattito. APRI ha dato il proprio contributo, rilasciando un comunicato il 4 luglio 2011. Considerata la delicatezza del compito e lo studio particolareggiato richiesto al fine di individuare requisiti attendibili per ciascuna area scientifica, APRI si è prudentemente limitata ad invitare a:

"porre la massima attenzione sulla qualità della valutazione in sede di abilitazione nazionale, particolarmente sulla solidità e selettività dei cosiddetti "criteri minimi”, basandoli su seri indicatori qualitativi e quantitativi largamente accettati dalla comunità internazionale. APRI ritiene di non poter scendere in questa sede nello specifico dei criteri per singola area ma che, in futuro, sarebbe opportuno consultare anche le associazioni dei Precari della Ricerca (tra cui APRI) in sede di redazione dei criteri abilitativi".

Da quest’ultima frase del comunicato APRI vogliamo oggi, a più di due mesi di distanza, ripartire. È noto infatti che il dibattito si è focalizzato su due pareri istituzionali distinti e in buona parte discordanti tra loro: quello del CUN – Comitato Universitario Nazionale e quello dell’ANVUR – la neonata Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca.

La differenza tra i due documenti salta subito agli occhi. Il documento CUN ha adottato un approccio “caso per caso”, che ha il difetto di mancare di coerenza e unitarietà. In alcuni settori, ad esempio, si contano solo le pubblicazioni su riviste certificate ISI, in altri genericamente si parla di riviste internazionali o di “peer-reviewed”, in altri si conta di tutto. In alcuni settori si calcola l’h-index, in altri il numero di citazioni, in altri non si tiene conto della bibliometria, ma ci si accontenta (è il caso dell’area umanistica) di due monografie pubblicate non si sa bene come e dove. Per non parlare delle varie soglie numeriche (in genere comunque abbastanza basse), non si capisce basate su cosa, su quali studi particolareggiati. Tali soglie, non tenendo conto delle differenze molte volte sostanziali esistenti nelle procedure di pubblicazione e di citazione anche tra settori appartenenti alla stessa area, finiscono inevitabilmente per essere poco selettive per alcuni e iper-selettive per altri. In definitiva, il documento CUN appare del tutto settoriale e privo di un metodo unitario. Le sue debolezze sono evidentemente conseguenza della faticosa opera di mediazione fra corporazioni accademiche che è dietro la sua stesura, in cui ogni area e ogni suo settore sembra aver seguito interessi e logiche proprie, quasi mai adottando parametri virtuosi.
Di diverso tenore, a nostro avviso, il parere offerto dall’ANVUR. Pur essendosi l’ANVUR trovata a formulare un parere in tempi molto brevi (i componenti dell’Agenzia erano ancora di fresca nomina), essa si è mostrata aperta al confronto con tutte le parti. Ha preso in considerazione commenti e obiezioni, trattando la questione dei criteri abilitativi, così come quella dei criteri di valutazione della attività di ricerca e didattica, come un processo in continua evoluzione, anziché una serie statica e immutabile di “criteri minimi” come nel documento CUN.Per i settori scientifici non-umanistici, il parere ANVUR si basa essenzialmente su requisiti di tipo bibliometrico, fissando soglie identificate sulla base del calcolo della mediana dei parametri bibliometrici posseduti dai docenti strutturati appartenenti ai settori per i quali si richiede l’abilitazione. Se ad esempio si prende in considerazione l’h-index, si chiede che il candidato all’abilitazione abbia un h-index maggiore del valore corrispondente alla mediana di coloro che appartengono a quel settore nel ruolo al quale il candidato vuole accedere (PA o PO). È chiara la selettività di criteri del genere, il fatto che essi abbiano una base statistica e che nel tempo accrescano inevitabilmente la produttività di un settore. Altra cosa che positivamente impressiona è che ANVUR tiene conto della continuità produttiva, richiedendo che tali parametri siano calcolati entro gli ultimi 5 (per i PA) o 10 (per i PO) anni, in modo da mettere sullo stesso piano giovani e meno giovani (è noto infatti come i parametri bibliometrici crescano con l’anzianità accademica).
Degno di nota ci pare il modo in cui l'Agenzia ha affrontato la specificità dei settori umanistici (attribuendo punteggi ai diversi prodotti scientifici in base alla loro circolazione nazionale o internazionale), dove oggi sicuramente non sono applicabili gli schemi bibliometrici proposti per le aree scientifiche. A questo proposito ci pare che la soluzione proposta dall’ANVUR costituisca un ottimo risultato, sia perché incentiva l’internazionalizzazione, sia perché contribuisce a ridurre l'arbitrio esercitato dalla commissioni di concorso (senza però azzerarne i poteri decisionali). Per quanto riguarda le discipline di area umanistica ci paiono sensate e apprezzabili le modifiche proposte congiuntamente dalla Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e dall’Associazione degli Italianisti in uno spirito costruttivo e non difensivo. Seguendo tali proposte crediamo che si possa stimolare anche in area umanistica una vera promozione del merito.
Nonostante le critiche ricevute, e la campagna mediatica che si è da subito scagliata contro la proposta ANVUR e per la difesa dello status quo, l’Agenzia non si è chiusa a riccio, tutt’altro.
ANVUR ha emanato un documento in cui emenda il proprio parere, tenendo conto di molte delle critiche ricevute e rigettandone, sempre in modo motivato, altre. Questo approccio ha positivamente impressionato noi precari della ricerca, da sempre abituati a un modo di agire burocratico e autoreferenziale caratteristico dell’Accademia e della politica italiana.
ANVUR introduce oggi un approccio che ha il merito di guardare a obiettivi chiaramente identificati, in questo caso quelli di operare una selezione del corpo docente basata sul merito e di accrescere la produttività della comunità scientifica italiana. E non lo fa dal punto di vista dei potentati accademici o di interessi di singole discipline, ma sulla base di studi accurati e alla luce delle migliori pratiche internazionali.
ANVUR inoltre cerca di incentivare il più possibile le pubblicazioni su riviste e/o editori internazionali dove con tal termine si deve intendere quei lavori pubblicati per essere letti in un circuito mondiale e scritti in lingua inglese. Ciò non perché, come qualcuno obbietta, si pecchi di esterofilia o si voglia sminuire la lingua di Dante e di Leopardi, quanto perché l’inglese è oggi, piaccia o non piaccia, la lingua universalmente adottata in un contesto internazionale e risulta essenziale, per un ricercatore (ormai di tutte le discipline), comunicare i risultati dei propri lavori al pubblico più ampio possibile. Questo può finalmente spingere l’Accademia italiana ad uscire dalla sua nota autoreferenzialità, aprendosi al dibattito scientifico in un contesto globale.
Con l’ANVUR si può dialogare, si può intervenire, si può suggerire e criticare, nella consapevolezza che le critiche costruttive saranno prese in considerazione e poste al vaglio di uno studio particolareggiato. APRI desidera con questo comunicato manifestare il proprio apprezzamento per il metodo e lo stile di lavoro adottati dall’ANVUR in questi mesi.

22 settembre 2011

martedì 13 settembre 2011

Dopo lunga attesa il nuovo sito "bandi.miur.it"


In agosto il MIUR ha finalmente attivato il nuovo sito per il reclutamento. Il Ministero ci ha impiegato circa 8 mesi dall'approvazione della Legge n. 240 di riforma dell'università ("legge Gelmini", approvata il 30-12-2010), imponendo di fatto un lungo blocco del reclutamento in una fase già difficile dal punto di vista finanziario per gli Atenei italiani.

Però alla fine ce l'ha fatta. Ecco il nuovo sito dove controllare i bandi per ricercatore a tempo determinato e per gli assegni di ricerca: http://bandi.miur.it/index.php

Un appello a tutti i precari. Vigilate sulla correttezza dei bandi ed eventualmente segnalate le scorrettezze. Già diverse università hanno pubblicato bandi con profili dalla molto dubbia legittimità, in quanto la legge prescrive di indicare solo uno o più settori concorsuali.

venerdì 5 agosto 2011

Habemus il neo Direttore Generale…

…e forse era meglio che il posto rimanesse vacante.

Lo scorso 2 Agosto sono usciti, a firma di Flavia Amabile sulla Stampa, un articolo sul caos dei concorsi RTD e un'intervista in merito al neo Direttore Generale del MIUR Daniele Livon.
Daniele Livon, leggiamo, ha 37 anni e ha preso il posto di Marco Tomasi alla direzione generale del Ministero, dopo un passato come Direttore Amministrativo dell'Università di Udine.
Neanche arrivato e si trova a dover fronteggiare la situazione di caos determinata dall'entrata in vigore della L.240/2010 in assenza dei Decreti Attuativi disciplinanti, in questo caso, le modalità di svolgimento dei nuovi concorsi da RTD.
Nell'intervista, il neo Direttore Generale cispadano dalla brillante carriera, rispondendo alle domande della giornalista, dichiara che le procedure concorsuali degli atenei di Bologna e Cagliari devono essere riviste e che non possono essere accettate e che i concorsi dovranno essere riscritti.
E giù le risposte arrabbiate dei due atenei.
Cos'era successo?
Nella totale latitanza del Ministero che ha caratterizzato i mesi da Gennaio a Giugno (nonostante molti DM fossero per legge da emanare entro 60 giorni dall'emanazione della stessa), alcuni Atenei hanno preso l'iniziativa tornando a bandire in primis i nuovi assegni di ricerca e in secundis alcune posizioni per i nuovi posti RTD.
Tra queste, Cagliari e Bologna (ma non solo, direttore!!! Ad esempio, dia un'occhiata qua!).
Quali sono i problemi?
Intanto i bandi: effettivamente la legge prevede la loro pubblicazione, tra le altre cose, sul sito del MIUR e prevede la "specificazione del settore
concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o piu' settori scientifico-disciplinari".
E i bandi di Cagliari e Bologna (ma non solo, direttore!!!) non risultavano pubblicati sul sito del MIUR, in alcuni casi contenevano profili molto molto molto specifici (il che desta qualche "sospetto") e non contenevano riferimenti ai nuovi settori concorsuali come da DM emanato il 29.07.2011.
Ma ci sono almeno tre però:
1) intanto il sito del MIUR alla data di emanazione dei bandi non prevedeva uno spazio per la pubblicizzazione dei bandi che pertanto, anche se comunicati, non sarebbero potuti essere resi pubblici;
2) in secondo luogo i bandi sono precedenti l'uscita del DM sui nuovi settori concorsuali e non si vede come avrebbero pertanto potuto tenerne conto; a tal proposito, se Livon ritenesse che gli Atenei avrebbero dovuto evitare di bandire fino all'emanazione del DM di cui sopra, allora dovrebbe preoccuparsi anche delle decine di assegni di ricerca che nel frattempo sono stati banditi sui vecchi SSD (compreso quello di chi scrive!!!) e i cui vincitori hanno già preso servizio presso vari Dipartimenti universitari e non; venisse a dirci che dopo aver aspettato mesi a fare ricerca senza alcuna entrata mensile o garanzia grazie alla latitanza del MIUR le procedure devono svolgersi nuovamente tutte daccapo!
3) in ultimo, sui profili, lasciamo il giudizio a chi legge: ci limitiamo a riportare ciò che dice la legge e ciò che ha dichiarato il nuovo Direttore Generale del MIUR.

Gelmin-pensiero
art.24 comma 2.a)
[…] specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo ESCLUSIVAMENTE tramite indicazione di uno o piu' settori scientifico-disciplinari[…]

Livon-pensiero
D. : Le Università continuano a creare bandi sulla base di profili molto specifici. Ma la riforma non li vieta?
R. (Livon): I profili sono consentiti all'interno della nuova normativa sui settori concorsuali. All'interno del settore le Università possono creare un profilo specifico.

A casa, Livon e senza passare per il "via"!

lunedì 25 luglio 2011

L'ennesima CASTA

In merito ai contenuti del " PROMEMORIA PER IL MINISTRO ON. LE MARIASTELLA GELMINI IN OCCASIONE DELL’INCONTRO CON LA GIUNTA DELLA CRUI " del Luglio u.s., l'APRI prende atto della ridicola capriola dell'associazione dei rettori che dopo aver cavalcato a suon di dichiarazioni ufficiose le battaglie contro la Riforma Gelmini in contrasto con il proprio presidente Decleva (leggasi resoconto dell'incontro CRUI 25 Novembre ad opera del Prof. Mastino), si pone ora in una condizione di assoluta deferenza nei confronti del Ministro Gelmini arrivando a pietire richieste che, se accolte, stravolgerebbero il senso stesso della Legge 240/2010 e quel poco di buono in essa contenuto.
Bersagli delle richieste della CRUI, sarebbero ovviamente gli studenti e i ricercatori precari, uniche categorie non rappresentate da alcuna delle corporazioni sindacali ammesse nei salotti e pertanto non degne di alcuna considerazione da parte dei veri "baroni" universitari.
Tra le richieste contenute nel promemoria APRI denuncia con forza:

- Punto 2.a); la richiesta di abolizione del vincolo del 50% di posti RTD da bandire sulle risorse liberate dai pensionamenti. Già oggi con questo vincolo le proiezioni sul reclutamento futuro di nuovi RTD forniscono un quadro assolutamente insufficiente ad arginare il picco dei pensionamenti che sta investendo l'Università italiana, portando da qui a 5 anni ad una drastica riduzione del personale con serie ripercussioni sulla ricerca e sulla didattica: l'abolizione del vincolo comporterebbe l'utilizzo esclusivo dei pensionamenti per gli scatti di carriera degli attuali ricercatori e professori già strutturati, azzerando in sostanza il reclutamento di nuovo personale. Interesse della CRUI è evidentemente quello di spingere per un Università costituita esclusivamente da poche persone tutte all'apice della loro carriera.

- Punto 2.d); la richiesta di abolizione del vincolo del 20% del FFO come massimo della contribuzione studentesca. Questo vuol dire lasciare liberi gli atenei di aumentare le tasse di iscrizione degli studenti universitari. In questo modo a fare le spese dei tagli governativi al comparto della ricerca universitaria saranno gli studenti e le loro famiglie. Ancora una volta, non trovando il coraggio di porre in atto misure estreme per contestare le politiche economiche del governo, la CRUI preferisce inchinarsi al ministro utilizzando gli studenti come inginocchiatoio;

- Punto 2.f); la richiesta di un aumento dei finanziamenti delle università non statali. A fronte di politiche economiche che stanno portando alla crisi del concetto stesso di Università Pubblica, la CRUI chiede di aumentare i finanziamenti alle università non statali. Possiamo dire che la crui ha una politica molto attenta al bene pubblico: si lasciano libere le università di aumentare le tasse universitarie e poi si chiede al governo un aumento dei contributi statali alle universita’ private! Non crediamo ci sia bisogno di commenti al riguardo.

- Punto 4); le assurde richieste dell'abolizione dell'obbligo della retribuzione dei ricercatori per la didattica, di ripristino di tutte le forme di contrattualizzazione precaria parasubordinata e di reintroduzione della possibilità di affidare gratuitamente le docenze. Questo punto svela il progetto della CRUI sopra citato: se il combinato disposto dell'applicazione della L.240/2010 e delle ricadute universitarie dei provvedimenti economico-finanziari del governo fanno prevedere un'università futura con un organico estremamente ridotto e con una capacità di ricerca e di erogazione di offerta didattica seriamente messa in crisi, la CRUI pensa di poter arginare questa situazione utilizzando il precariato come ammortizzatore. L'università del futuro, per la CRUI, sarebbe costituita da un piccolo nucleo di oligarchi strutturati all'apice della loro carriera, intenti a gestire e a spartirsi i pochi finanziamenti rimasti, mentre ricerca e didattica verrebbero portati avanti dall'esercito di precari sottopagati e senza diritti, con buona pace del futuro del nostro paese.

In considerazione di tutto ciò, l'APRI si pone in assoluto contrasto con queste richieste rendendosi disponibile a qualunque iniziativa volta ad arginare le azioni di un'associazione corporativa NON DEMOCRATICA perché NON RAPPRESENTATIVA di nulla.

lunedì 11 luglio 2011

Ricorsi al TAR: puntata numero 2


Dopo un paio di mesi dalla sentenza del TAR Milano n.195/2011 che annullava tutti gli atti del concorso da ricercatore (SSD AGR/11-Entomologia generale e applicata) dell’Università di Milano, i candidati si sono visti recapitare una raccomandata: la procedura era stata riattivata e la Commissione (la stessa) aveva riconfermato la solita vincitrice.
Ravvisando numerosissime illegittimità, la candidata Ilaria Negri fa nuovamente ricorso al TAR Milano (n.1766/2011) e con un’ordinanza lampo (n.1090/2011) il giudice (un nuovo giudice rispetto al primo ricorso) accoglie la sospensiva e ORDINA ALL’UNIVERSITA’ DI PROVVEDERE ALLA NOMINA DI UNA NUOVA COMMISSIONE che dovrà giudicare i candidati tenendo presente la sentenza precedente (quindi utilizzando anche gli indici bibliometrici per valutare le pubblicazioni*).


* Per dovere di cronaca segnaliamo che anche nel secondo giudizio la Commissione non aveva applicato gli indici prescritti dal Decreto Ministeriale sui criteri di valutazione, tra cui l’Impact Factor delle pubblicazioni (“zero” per la vincitrice), come si può leggere nel verbale pubblicato sul sito dell’Università di Milano.

lunedì 4 luglio 2011

DECRETO MINISTERIALE ABILITAZIONE: IL PARERE APRI INVIATO ALLA VII COMMISSIONE DEL SENATO


CONSIDERAZIONI DELL'ASSOCIAZIONE PRECARI DELLA RICERCA ITALIANI IN MERITO AL DECRETO MINISTERIALE SULL'ABILITAZIONE NAZIONALE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI

Considerando la centralità del Decreto Ministeriale in discussione per la riforma del sistema universitario e il suo ammodernamento APRI chiede alla VII Commissione del Senato di considerare quanto segue:

1) Invio telematico delle pubblicazioni negli esami di abilitazione

APRI ritiene imperativo che, nonostante le critiche formulate sul punto dal Consiglio di Stato, si consenta l'invio in forma telematica delle domande di partecipazione ai concorsi e della relativa documentazione. L'uso del mezzo telematico modernizzerebbe le procedure di invio delle pubblicazioni e faciliterebbe la loro consultazione da parte della Commissione valutatrice. Faciliterebbe, inoltre, l'invio di richieste di valutazione da parte di candidati residenti e/o operanti all'estero, favorendo una maggiore partecipazione da parte di candidati stranieri. L'internazionalizzazione del nostro sistema universitario e l'attrazione di cervelli dall'estero deve essere uno degli obiettivi della riforma, a tal fine vanno eliminati tutti gli ostacoli burocratici e dunque va considerato con assoluto favore l'invio telematico delle domande e della relativa documentazione. Facciamo notare altresì che l'invio telematico, in linea con le pratiche diffuse in tutto il mondo avanzato, falciliterebbe il compito di archiviazione da parte della Pubblica Amministrazione e non ultimo eviterebbe uno spreco di grandi quantità di materiale cartaceo. APRI fa notare che da ormai un decennio le pubblicazioni vengono dagli stessi ricercatori consultate, studiate, diffuse prevalentemente (ove non esclusivamente) in formato digitale (.pdf). I file contenenti le pubblicazioni possono essere scaricati direttamente dalle pagine web delle riviste scientifiche. Nel caso di libri o loro capitoli, saggi e curatele, la digitalizzazione di un volume puo' essere effettuata presso qualsiasi copisteria a un costo pari a quello delle semplici fotocopie, con la differenza che nel primo caso il lavoro viene commissionato una volta per tutte.
Le critiche del Consiglio di Stato in merito all'accessibilità del materiale inviato paiono discutibili anche perché i documenti in formato elettronico potrebbero essere autocertificati come autentici allo stesso modo in cui si è soliti autocertificare le pubblicazioni inviate in fotocopia; inoltre un invio cartaceo non è garanzia di maggiore diffusione del prodotto. Si può anzi argomentare il contrario poiché la disponibilità del materiale in formato elettronico consentirebbe un più facile e agevole accesso agli stessi.

2) Commissioni per l’esame di abilitazione

In considerazione del fatto che Governo e maggioranza parlamentare hanno più volte affermato che uno degli obiettivi strategici della riforma consiste nella valorizzazione del merito e nel conseguente abbattimento del cosiddetto potere baronale, APRI invita il Senato a porre particolare attenzione al meccanismo di selezione dei commissari deputati a valutare le domande di abilitazione.
Il sistema disposto dal Decreto Ministeriale prevede un sorteggio a partire da una rosa di professori ordinari che si siano proposti per l'incarico. In tale procedura il rischio è di alimentare i circuiti di potere che troppo spesso soffocano il sistema della ricerca italiana: chi si candida lo farebbe per difendere interessi di parte - non sempre coincidenti con l'interesse generale - e inoltre è ipotizzabile che nella fase di definizione delle candidature maturino strategie e accordi preventivi tra gli ordinari del settore. Crediamo opportuno quindi introdurre un secondo livello di selezione dei commissari, a partire dalla lista dei facenti richiesta, che sia trasparente e tale da ridurre al minimo i rischi relativi alla costituzione di cordate o accordi preventivi. Pertanto suggeriamo che la produzione scientifica dei candidati commissari sia identificata da un ente indipendente come adeguata in termini qualitativi e quantitativi. APRI insiste che debba essere necessariamente ANVUR a valutare l’adeguatezza dei profili di coloro che si candidassero a far parte delle Commissioni di valutazione.

3) Criteri di abilitazione

APRI, essendo tale tema strettamente legato al presente dibattito, coglie l'occasione per invitare a porre la massima attenzione sulla qualità della valutazione in sede di abilitazione nazionale, particolarmente sulla solidità e selettività dei cosiddetti "criteri minimi”, basandoli su seri indicatori qualitativi e quantitativi largamente accettati dalla comunità internazionale. APRI ritiene di non poter scendere in questa sede nello specifico dei criteri per singola area ma che, in futuro, sarebbe opportuno consultare anche le associazioni dei Precari della Ricerca (tra cui APRI) in sede di redazione dei criteri abilitativi.

mercoledì 15 giugno 2011

Le retribuzioni dei contratti di insegnamento


Finalmente il MIUR sta per approvare - tra gli altri decreti: cfr. https://sites.google.com/site/decretiattuativir29a/decreti-in-bozza - il decreto attuativo che regolamenta l'attribuzione di incarichi di docenza nelle università italiane e in particolare le retribuzioni previste, fissando un tetto minimo e uno massimo.

Vi era attesa, tra i precari, per questo decreto. La speranza era di ottenere finalmente livelli retributivi dignitosi, perlomeno vicini a quelli europei: i temporary lecturers britannici ricevono un regolare stipendio mensile, così anche gli Ater francesi. Invece no, lasciate ogni speranza voi ch'entrate: le università potranno corrispondere una retribuzione che tocca, nel suo livello minimo, i 25 euro l'ora lordi. Facendo un rapido calcolo, per un corso di 9 crediti e 60 ore frontali (più quelle di ricevimento e le altre attività di tutoraggio) un docente a contratto percepirà 1500 euro, ossia circa 1200 euro netti. La somma che i colleghi francesi e inglesi percepiscono in un mese (se proprio gli va male) i docenti a contratto italiani la metteranno insieme in un anno di lavoro.

martedì 26 aprile 2011

NOTA MIUR - APPLICAZIONE RIFORMA GELMINI

DIPARTIMENTO PER L'UNIVERSITÀ, L'ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA E

PER LA RICERCA

DIREZIONE GENERALE PER L'UNIVERSITÀ, LO STUDENTE E IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO

Al Rettore

Al Direttore Amministrativo

Università ed Istituzioni Universitarie

LORO SEDI

p.c.

CRUI

CUN


Oggetto: Legge 30 dicembre 2010, n. 240 - applicazione artt. 18, 22, 24 e 29.


Facendo seguito ai quesiti pervenuti in relazione all'applicazione delle disposizioni in oggetto, ferma

restando l'autonomia degli Atenei, si precisa quanto segue.

Le procedure di chiamata dei professori previste dall'art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240,

possono essere bandite, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di programmazione e reclutamento del

personale, non appena gli Atenei avranno emanato il Regolamento di cui al comma 1 del medesimo articolo.

Le proposte di nomina per chiamata diretta o per chiara fama continuano ad essere disciplinate dall'art.

1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni, e si applicano alle posizioni

accademiche previste dalla legge n. 240 del 2010: professori ordinari ed associati nonché ricercatori di cui

all'art. 24, comma 3, lett. a) e b). Ciò in quanto le disposizioni di cui all'art. 1, comma 9, della legge n. 230 del

2005, devono essere lette in combinato disposto con l'art. 29 della legge di riforma, ai sensi del quale a

decorrere dall'entrata in vigore della stessa possono essere avviate esclusivamente le procedure, previste dal

Titolo III della legge, per la copertura di posti professore ordinario e associato e di ricercatore a tempo

determinato.

Nulla osta a che gli Atenei bandiscano assegni di ricerca ai sensi delle nuove disposizioni di legge

applicando l'importo minimo previsto dal DM 9 marzo 2011, n. 102, in corso di registrazione. In merito alle

modalità di rinnovo degli assegni banditi prima dell'entrata in vigore della legge n. 240 del 2010, si rinvia alla

nota prot. n. 583 del 8 aprile u.s. trasmessa dall'Ufficio III di questa Direzione Generale.

I contratti in scadenza stipulati ai sensi dell'art. 1, comma 14, della legge n. 230 del 2005 possono

essere rinnovati nei limiti di quanto previsto dai contratti stessi. A tale proposito si rammenta che con coloro

che hanno usufruito per almeno tre anni dei contratti in parola possono essere altresì stipulati i contratti di cui

all'art. 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240 del 2010, e che, a tale scopo, la durata dei contratti di cui

all'art. 1, comma 14, della legge n. 230 del 2005, può essere cumulata con i periodi di attività svolti nell'ambito

di assegni di ricerca, ai sensi dell'art. 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borse

post-dottorato ex art. 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni e borse

conferiti da atenei stranieri.

Si richiama inoltre l'attenzione sulle modifiche apportate dall'art. 29, comma 10, della legge in oggetto

alla disciplina dei trasferimenti di cui all'art. 3 della legge 3 luglio 1998, n. 210, a seguito delle quali, a far data

dal 29 gennaio 2011, è possibile bandire procedure di trasferimento esclusivamente con riferimento ai

ricercatori universitari a tempo indeterminato; per i professori di prima e seconda fascia le procedure di

trasferimento sono assorbite da quanto disposto dall'art. 18, comma 1, lettera b), della legge n. 240 del 2010.

Infine, coerentemente con la ratio ispiratrice della riforma universitaria, si invita a dare la massima

pubblicità alle procedure di selezione e di reclutamento sopra richiamate, anche mediante la pubblicazione dei

bandi in Gazzetta Ufficiale.



Si ringrazia per l'attenzione.

IL DIRETTORE GENERALE

Dott. Marco Tomasi