giovedì 30 dicembre 2010

NAPOLITANO FIRMA, PUR RILEVANDO ALCUNE CRITICITA'







Il Presidente della Repubblica ha firmato il DDL Gelmini. Contestualmente alla firma si è anche premurato di inviare al CDM una lettera contenente alcuni rilievi critici.


Riportiamo il testo inviato dal Quirinale al Consiglio dei Ministri:

"Promulgo la legge, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare.
L'attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma, nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità, riscontrabili in particolare negli articoli 4, 23 e 26.

Per quel che riguarda l'articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato - pur non lasciando la norma, da un punto di vista sostanziale, spazio a dubbi interpretativi della reale volontà del legislatore - si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all'impegno assunto dal Ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell'articolo. Per quanto concerne l'art. 4 relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell'appartenenza territoriale. Inoltre l'art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale. Infine è opportuno che l'art. 26, nel prevedere l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale.

Al di là del possibile superamento - nel corso del processo di attuazione della legge - delle criticità relative agli articoli menzionati, resta importante l'iniziativa che spetta al governo in esecuzione degli ordini del giorno Valditara e altri G 28.100, Rusconi ed altri G24.301, accolti nella seduta del 21 dicembre in Senato, contenenti precise indicazioni anche integrative - sul piano dei contenuti e delle risorse - delle scelte compiute con la legge successivamente approvata dall'Assemblea. Auspico infine che su tutti gli impegni assunti con l'accoglimento degli ordini del giorno e sugli sviluppi della complessa fase attuativa del provvedimento, il governo ricerchi un costruttivo confronto con tutte le parti interessate".

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Perché il testo entri in vigore a tutti gli effetti dobbiamo attenderne la pubblicazione in G.U. e poi aspettare i 15 giorni di vacatio legis.

Dopodiché si vedrà se i decreti e regolamenti essenziali per mettere in moto la complessa macchina saranno effettivamente emanati celermente, come il Ministro ha promesso.

Inoltre bisognerà vigilare sulla riscrittura di statuti e regolamenti interni da parte degli atenei. In questo senso una prima ed essenziale rivendicazione di APRI è che rappresentanze dei precari e dei dottorandi siano coinvolte nelle commissioni che verranno incaricate della stesura di tali importantissimi testi.

mercoledì 29 dicembre 2010

SI POSSONO ANCORA BANDIRE POSTI DA RICERCATORE A TEMPO INDETERMINATO?


Questa domanda se la pongono da giorni migliaia di interessati.
Una linea di pensiero, espressa ad esempio da esponenti di Rete29Aprile, sostiene che si potrà, fino all'adozione dei regolamenti di ateneo per la chiamata di prof associati ed ordinari. Gli argomenti a sostegno sono questi (fonte: lista discussione RU, autore P.Graglia)

Prima di tutto richiamo l'Art. 1, comma 7 della Legge 230/2005


"Per la copertura dei posti di ricercatore sono bandite fino al 30 settembre 2013 le procedure di cui alla legge 3 luglio 1998, n. 210. In tali procedure sono valutati come titoli preferenziali il dottorato di ricerca e le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti postdottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonché di contrattisti ai sensi del comma 14 del presente articolo. L'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato ai sensi del presente comma è subordinata ai medesimi limiti e procedure previsti dal comma 6 per la copertura dei posti di professore ordinario e associato."


La legge della Gelmini abroga espressamente solo i commi 8, 10, 11 e 14, dell'art. 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230. Il 7, quindi, per esclusione, è ancora valido. Nulla viene detto circa l'abrogazione di parti della L. 210/1998.


Tuttavia, all'art. 29 della legge Gelmini si recita:
"1. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le universita` possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo.
e il comma 2:
2. Le universita` continuano ad avvalersi delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di assunzione in servizio, fino alla adozione dei regolamenti di cui all’articolo 18, comma 1".


La cosa quindi è un poco intricata: il 2013 come data limite per le procedure di assunzione di ricercatori a TI resta valida (ex lege 230/2005) ma la procedura corrispondente diventerà invalida quando saranno adottati i regolamenti di cui all'art. 18 comma 1 che interessano le chiamate di professori associati e ordinari (e non viene indicata una data per l'adozione di tali regolamenti).
Le legge non ammette interpretazioni restrittive in questo caso perché resta sul vago (e inoltre, perché mai lasciare in vita il comma 7 dell'art.1 della L. 230/2005 se volevano eliminare sic et simpliciter la figura del RTI? Bastava eliminarlo, essendo la sua scomparsa del tutto superfluo se l'intenzione della Legge Gelmini fosse realmente quello di eliminare le ultime assunzioni di RTI).

lunedì 20 dicembre 2010

NO AL DDL! SI ALLA PROTESTA!




La maggioranza sta imponendo al paese la sua riforma e ha impresso un'accelerazione alla discussione parlamentare del D.D.L. Gelmini al Senato. E' chiaro a tutti, ormai, che il provvedimento sarà rapidamente approvato nelle forme in cui è uscito dalla Camera dei Deputati. Ciò perché, al di là degli slogan, il Ministro e la sua maggioranza sono assolutamente refrattari al confronto con le parti in causa.

Nonostante le critiche di molti rettori - la CRUI si è spaccata -; nonostante le osservazioni di merito sollevate dalle associazioni dei docenti, dei ricercatori, dei precari e degli studenti, oltre che dalle sigle sindacali tutte; nonostante tutti gli sforzi compiuti, gli appelli, le petizioni, gli articoli, le manifestazioni nelle strade e sui tetti; nonostante tutto, quel che resta della maggioranza politica vuole imporre il suo scellerato disegno di riforma.


Noi dell'APRI abbiamo provato a trattare e a discutere fino all'ultimo. Riformisti per sentimento e per convinzione profonda, abbiamo fatto di tutto per trovare canali di comunicazione. Eravamo e restiamo convinti che il sistema universitario italiano necessiti di rapide e importanti riforme. Tuttavia, pur essendo assai critici dello status quo, non possiamo accogliere questa riforma. L'idea che una riforma, qualunque riforma, sia meglio dello status quo rappresenta solo un esercizio retorico che va rigettato senza esitazione.

Questa riforma è insoddisfacente per tante, troppe ragioni. Innanzitutto perché, nonostante le vuote parole ribadite in ogni occasione dal Ministro Gelmini, non vi è alcun provvedimento che garantisca davvero il merito o che consenta un sano e positivo ricambio generazionale. Che ne è stato, per esempio, del pensionamento a 65, sul modello dei maggiori paesi europei?

E che ne é stato della tanto celebrata valutazione? Che ne é dell'ANVUR?

Inoltre, il DDL - pur tentando di introdurre in Italia il positivo modello del tenure track - lo fa in modo pasticciato ed inefficace. Non vi è alcuna garanzia che le università possano avere le risorse e l'interesse a bandire un numero significativo di concorsi per ricercatori a tempo determinato con tenure track. Questo perché quella figura è costosa e impegnativa, mentre le esigenze di didattica e di ricerca possono essere coperte con altri contratti meno onerosi per gli atenei. Come APRI avevamo chiesto che, per garantire il ricambio generazionale, si introducessero norme che obbligassero gli atenei a bandire figure con tenure track in numero congruo, rispecchiando del resto la normativa attualmente in vigore che costringe a destinare il 60% delle risorse provenienti dal turnover per la figura del ricercatore a tempo indeterminato. Governo e maggioranza hanno respinto le nostre richieste su questo punto essenziale, dimostrando di non avere alcun interesse per il futuro dei precari.

Vi sono poi mille altre ragioni tecniche per criticare questo provvedimento. A partire dal fatto che si tratta di uno sforzo volto a normare e a sottoporre al controllo centrale ogni aspetto della vita universitaria. Questo produrrà, come unico effetto certo, una sostanziale paralisi del sistema per lungo tempo, in attesa della radicale revisione degli statuti e dei regolamenti interni di ogni ateneo. Alla faccia dell'autonomia...

Vorremmo poter sperare in un momento di resipiscenza della maggioranza, vorremmo che fosse possibile confrontarsi davvero e serenamente sui contenuti. Ma non ci facciamo illusioni.

Non se ne facciano però neanche il Governo ed i partiti della maggioranza. La protesta non cesserà con l'approvazione del provvedimento. Non si possono soffocare le legittime aspirazioni, i sogni e le ambizioni di una generazione - ormai forse due - senza che montino una sana indignazione, una giusta rabbia, una sacrosanta determinazione a lottare per difendere i diritti troppo a lungo negati.

Non ci resta altro da fare che gridare il nostro deciso NO! a questo pastrocchio burocratico e dare la nostra piena e attiva solidarietà ai fratelli e alle sorelle che lottano e lotteranno ancora, per far sentire la voce di chi - studente, precario o ricercatore - l'Università la vive dal di dentro.

NELLE AULE, SUI TETTI, NELLE PIAZZE: NON CI STANCHEREMO DI GRIDARE IL NOSTRO SDEGNO E DI PORTARE AVANTI LA NOSTRA LOTTA.

NO AL DDL!
SI ALLA PROTESTA!

martedì 14 dicembre 2010

Il Governo della Cultura




La notte ha portato consiglio e il Governo ha avuto la fiducia anche alla Camera, grazie a due deputati eletti con il PD (ma Veltroni non doveva andare in Africa? - n.d.r.), uno con l'IDV (per un dissenso politico con Di Pietro sull'omeopatia, pare...) e grazie alla deputata del FLI Catia Polidori.

Catia Polidori, al secolo cugina di Francesco Polidori, presidente dell'e-campus del CEPU (ricordate tutti la visita di Berlusconi e l'emendamento al DDL, si?), secondo l'opinione di Barbareschi sarebbe stata convinta stanotte da Berlusconi attraverso alcune rassicurazioni proprio sul futuro dell'università telematica.

Nuovi cambiamenti in vista per il mitico DDL Gelmini?

lunedì 6 dicembre 2010

Comunicato stampa


L’APRI (Associazione dei Precari della Ricerca Italiani) esprime apprezzamento per il miglioramento del testo del d.d.l. di riforma dell’Università alla Camera dei Deputati. Sono in particolare apprezzabili le nuove norme che permettono a tutti i precari con tre anni di esperienza di ricerca di partecipare ai concorsi per ricercatore a tempo determinato "tenure-track" (figura introdotta all'art.21 comma 3 lettera b) e la nuova metodologia concorsuale per l'accesso al "tenure-track" e al ricercatore a tempo determinato (figura introdotta all'art. 21 comma 3 lettera a). In particolare, la metodologia concorsuale, articolata in due fasi con preliminare formazione di una rosa ristretta di candidati su base curricolare e successiva valutazione comparativa impiegando criteri numerici per i titoli e ciascuna delle migliori pubblicazioni, viene pienamente incontro a una storica richiesta di APRI riguardante un sistema di valutazione trasparente, rapido ed efficace.
L'analisi globale del processo di reclutamento evidenzia, tuttavia, notevoli criticità soprattuto nei primi sei anni di fase transitoria della legge. Tale criticità, secondo APRI, devono essere rapidamente affrontate dal punto di vista legislativo per evitare che anche le buone cose introdotte rimangano lettera morta. In particolare, appare davvero poco convincente l'aver introdotto la figura del ricercatore "tenure-track" (una novità estremamente positiva nell'asfittico e provinciale panorama universitario italiano) senza accompagnarla con adeguate risorse per la sua attuazione e/o di un vincolo ineludibile alle università a bandire concorsi di questo tipo. Non c'è nessuna garanzia che nell'immediato le Università destinino parte delle proprie poche risorse alla creazione di posizioni tenure-track piuttosto che alla creazione di posizioni di ricercatore a tempo determinato non vincolanti per la successiva evoluzione a professore associato. Contestualmente le università disporranno a seguito del DDL di un finanziamento triennale per la realizzazione di professori associati secondo un metodo che prevede fino al 50% di "promozioni" di ricercatori a tempo indeterminato già in servizio. In questo contesto, ci si chiede con quale logica alcune forze politiche favorevoli al DDL ritengano più urgente e prioritaria la "promozione" di ricercatori confermati rispetto alla realizzazione di ricercatori "tenure-track" giovani e motivati.
Per tutto questo, APRI chiede al Governo e a tutte le forze politiche di intervenire subito legislativamente e finanziariamente, sia a livello di DDL all'esame del Senato, che a livello di legge di stabilità o di provvedimenti di accompagnamento successivi al DDL, per vincolare le Università a bandire un numero adeguato di posizioni "tenure-track".
In mancanza di un provvedimento di questo tipo, APRI non potrà che continuare a giudicare negativamente la riforma realizzata e nell’ottica di tutti i precari paradossalmente sarà preferibile il mantenimento delle regole attuali.