domenica 8 luglio 2012

GAME OVER: Ennesimo fallimento dell'ennesima riforma




Diciamocelo chiaramente: anche la riforma Gelmini è un fallimento.

E questo non è un giudizio politico, ma un giudizio tecnico. I meccanismi messi in moto dalla legge  - a prescindere da qualsivoglia valutazione della loro bontà -  non funzionano.

Non funzionano i TD (sia A che B), troppo onerosi per gli atenei, banditi in numeri ristrettissimi con procedure spesso illegittime e non trasparenti. La tenure-track all'italiana era uno dei pilastri della riforma e si dimostra del tutto fallimentare, per via dell'assenza di bandi di tipo B (finora si contano sulle dita di una mano) e per il blocco delle abilitazioni.

Non funziona l'abilitazione, tanto che molti ormai prevedono che non partirà mai. Allo stato le voci circolanti parlano di rinvio dei bandi per i candidati a marzo, ma c'è da scommettere che a marzo ci sarà un ennesimo intoppo e che la patata bollente verrà passata al prossimo esecutivo. A introdurre ulteriore incertezza c'è poi il ricorso al Tar avviato dall'associazione dei costituzionalisti, che contesta la retroattività dei criteri. Qualora il Tar aderisse al ragionamento di Onida e dei ricorrenti sarebbe la fine di qualsiasi progetto di riforma del reclutamento, perché non si potrebbero MAI introdurre criteri nuovi.

Non funzionano i nuovi dipartimenti, frutto di aggregazioni insensate maturate in base a logiche di potere, spesso del tutto privi di razionalità sotto un profilo scientifico e didattico.

Non funzionano le nuove norme sul computo della virtuosità finanziaria, che portano de facto ad una drastica riduzione del turnover.


A tutto questo si aggiunge da ultimo la spending review, che ha determinato una ulteriore riduzione del turnover (che passa da un massimo del 50% - per le virtuose - a un massimo del 20%). E che, inoltre, brucia il patrimonio di punti budget del 2010 e del 2011 accumulati dagli atenei in vista delle abilitazioni. Non solo, con la spending review sembrano pure scomparse le quote, e in particolare quella quota del 50% del turnover da spendersi per posti TD.

Nei prossimi anni, se non ci fossero clamorose inversioni di rotta, avremo un forte ridimensionamento del sistema: al blocco del turnover e delle abilitazioni vanno aggiunti i numerosi pensionamenti previsti. Tutto ciò, combinandosi con le nuove norme sui requisiti minimi per tenere in piedi i cdl, i corsi di dottorato ecc ecc porterà alla chiusura non solo di corsi di laurea e scuole di dottorato ma - in pochi anni - anche di alcune sedi. Del resto la normativa già consente il trasferimento dei docenti da una sede all'altra, qualora non ci siano i numeri minimi per tenere aperti i cdl.

L'Italia sembra aver deciso di non investire su ricerca e formazione, parallelamente all'università i tagli colpiscono drammaticamente anche gli enti di ricerca.

Cosa ci aspetta? E' prevedibile che il prossimo esecutivo avvii una nuova riforma, ma se le cose andranno come al solito i frutti (se mai ci saranno) li raccoglieranno i nostri figli.
Non è improbabile che - nel mentre - per rispondere al bisogno di personale docente, si provveda a qualche ope legis, cosa che può magari esser positiva per i singoli ma che è sempre pessima per il funzionamento di un sistema.

Dopo Berlinguer, Moratti e Mussi, anche la Gelmini e Profumo hanno fallito. Non possiamo ritenerci stupiti. Forse era prevedibile, e qualcuno l'aveva in effetti previsto. A prescindere da qualsiasi valutazione di parte non se ne può però gioire, perché a pagare il prezzo di questo fallimento saranno in primis i precari e con loro tutto il paese. Inoltre questa pessima prova suggerisce fosche considerazioni sulla qualità della classe dirigente. Di certo il Ministro Profumo, che ha detto più volte di voler oliare il sistema senza stravolgerlo, si dimostra uno dei peggiori ministri di questo governo: non è riuscito a far funzionare la macchina, e l'olio versato sembra aver provocato solo scivoloni. 

E' il caso di cominciare a interrogarsi sull'incapacità di questo stato e di questa classe di politici - e di consiglieri - di gestire efficacemente un processo di riforma del sistema universitario. Un sistema che anno dopo anno è sempre più in crisi, non solo per una strutturale carenza di risorse, ma soprattutto perché le logiche e lo spirito che lo animano paiono tanto irriformabili quanto lontane anni luce da quelle decisamente più  virtuose dei paesi avanzati.

IL FALLIMENTO DELLA RIFORMA GELMINI

Diciamocelo chiaramente, anche l'ultima riforma dell'università è un fallimento.