martedì 26 marzo 2013

ODISSEA - CAPITOLO ???



Candidati a impatto zero e commissari indagati per abuso d’ufficio

Luciano Suss (Università di Milano), Pasquale Trematerra (Università del Molise) e Bruno Massa (Università di Palermo), commissari del  concorso da ricercatore per il settore Entomologia Generale e Applicata svoltosi all’Università di Milano nel 2010,  sono indagati dalla Procura di Milano per abuso d’ufficio.

Nel concorso, rifatto 3 volte dopo 2 pronunciamenti del TAR Lombardia, ha sempre vinto l’allieva e collaboratrice del prof. Luciano Suss, Sara Savoldelli, unica fra i candidati al concorso a non avere alcun articolo su rivista a impact factor.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal PM Fabio De Pasquale (PM noto per i numerosi processi a carico del Cavaliere) afferma che i tre professori «redigevano i verbali dichiarando vincitrice del concorso la Savoldelli pur essendo questa priva dei parametri richiesti e stravolgendo i criteri di valutazione delle pubblicazioni scientifiche dei candidati». Non solo: i commissari, aggiunge il PM, «anche dopo la pronuncia del Tar procedevano nuovamente alla valutazione dei titoli in palese illegittimità delle procedure adottate, proclamando nuovamente la Savoldelli vincitrice del concorso».  
[Riassunto dei capitoli precedenti:

martedì 5 marzo 2013

Il blocco A e il blocco B nell’università italiana

Lo straordinario risultato elettorale del M5S alle elezioni politiche ha posto al centro dell'agenda politica nazionale uno dei problemi più gravi della società italiana: la divisione sempre più profonda e sempre più insopportabile tra chi è pienamente garantito, in ambito lavorativo e sociale, e chi è privo di tutele, abbandonato dalle istituzioni e dalle rappresentanze politiche e sindacali. Come APRI e altre associazioni di precari della ricerca, sono anni che denunciamo questa situazione, aggravata dai guasti prodotti dalla Legge Gelmini. L’università italiana è spaccata in due blocchi. Da un lato, un blocco A composto di decine di migliaia di ricercatori e docenti precari, che non hanno prospettive credibili di ottenere una posizione sicura che garantisca loro di guardare con serenità al futuro. Quelli che possono fanno le valigie e vanno a fare carriera all’estero. Quelli che non possono restano qui, ma perdendo l’entusiasmo e le motivazioni che sono fondamentali per produrre ricerca di qualità.  Dall’altro lato, c’è il blocco B, composto da ricercatori a tempo indeterminato e professori di ruolo, che occupano posizioni ultragarantite e di fatto inamovibili. Il precedente governo ha riservato nuove risorse per assumere professori di seconda fascia, ma è chiaro a tutti che con le attuali regole e con le pressioni esercitate dal blocco B, tale piano straordinario di reclutamento si tradurrà solo in avanzamenti di carriera per i ricercatori di ruolo. Inoltre, i professori associati e ordinari vanno in pensione solo a 70 anni, e ciò crea ulteriori impedimenti al ricambio generazionale e rende la classe docente italiana la più anziana del continente. APRI è da sempre convinta che l’età giusta per il collocamento a riposo dei professori di ruolo sia 65 anni, in linea con la media europea; APRI inoltre ha avanzato alle forze politiche 10 proposte (http://ricercatoriprecari.blogspot.it/2013/01/per-ridare-speranza-alla-ricerca.html) per ridare speranza al blocco A, oggi discriminato ed escluso, ma le forze politiche hanno risposto eludendo le questioni centrali, probabilmente perché il loro principale obiettivo è la difesa dei garantiti del blocco B (si veda ad esempio la risposta che ci è stata inviata da Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum Università e Ricerca del PD). Insomma, le porte restano chiuse per il blocco A, anche quando chiede valutazione e competizione meritocratica per i posti, come abbiamo fatto noi. Ciò induce allo scoramento, alla sfiducia completa nelle istituzioni, lasciando come unica possibilità il ricorso a soluzioni assistenzialistiche e corporative, le uniche che la classe politica tradizionale in passato ha adottato per il blocco A, per tenerlo sotto controllo e utilizzarlo come bacino di consensi elettorali.
Il quadro politico sembra però ora profondamente cambiato, e nuove prospettive potrebbero aprirsi per l'Università e la ricerca pubblica italiane. APRI intende proseguire sulla strada tracciata verso il raggiungimento dei propri obiettivi, per l’apertura al merito, per l’internazionalizzazione, per ridare speranza. APRI intensificherà il proprio dialogo col mondo politico, perché mai come in questo momento il nostro messaggio potrà risultare efficace contro rivendicazioni corporative che, se nuovamente assecondate dalla politica, potranno solo spingerci verso il baratro che il Paese già intravede.