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giovedì 22 settembre 2011

LA POSITIVA SORPRESA ANVUR

L’APRI, Associazione dei Precari della Ricerca Italiani, ha seguito con attenzione in questi mesi l’acceso dibattito sui requisiti scientifici necessari per conseguire l’abilitazione nazionale a Professore Associato e Ordinario, nonché su quelli che uno studioso dovrà possedere per essere nominato membro della Commissione giudicatrice.
Associazioni di docenti, enti, singoli esperti sono intervenuti nel dibattito. APRI ha dato il proprio contributo, rilasciando un comunicato il 4 luglio 2011. Considerata la delicatezza del compito e lo studio particolareggiato richiesto al fine di individuare requisiti attendibili per ciascuna area scientifica, APRI si è prudentemente limitata ad invitare a:

"porre la massima attenzione sulla qualità della valutazione in sede di abilitazione nazionale, particolarmente sulla solidità e selettività dei cosiddetti "criteri minimi”, basandoli su seri indicatori qualitativi e quantitativi largamente accettati dalla comunità internazionale. APRI ritiene di non poter scendere in questa sede nello specifico dei criteri per singola area ma che, in futuro, sarebbe opportuno consultare anche le associazioni dei Precari della Ricerca (tra cui APRI) in sede di redazione dei criteri abilitativi".

Da quest’ultima frase del comunicato APRI vogliamo oggi, a più di due mesi di distanza, ripartire. È noto infatti che il dibattito si è focalizzato su due pareri istituzionali distinti e in buona parte discordanti tra loro: quello del CUN – Comitato Universitario Nazionale e quello dell’ANVUR – la neonata Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca.

La differenza tra i due documenti salta subito agli occhi. Il documento CUN ha adottato un approccio “caso per caso”, che ha il difetto di mancare di coerenza e unitarietà. In alcuni settori, ad esempio, si contano solo le pubblicazioni su riviste certificate ISI, in altri genericamente si parla di riviste internazionali o di “peer-reviewed”, in altri si conta di tutto. In alcuni settori si calcola l’h-index, in altri il numero di citazioni, in altri non si tiene conto della bibliometria, ma ci si accontenta (è il caso dell’area umanistica) di due monografie pubblicate non si sa bene come e dove. Per non parlare delle varie soglie numeriche (in genere comunque abbastanza basse), non si capisce basate su cosa, su quali studi particolareggiati. Tali soglie, non tenendo conto delle differenze molte volte sostanziali esistenti nelle procedure di pubblicazione e di citazione anche tra settori appartenenti alla stessa area, finiscono inevitabilmente per essere poco selettive per alcuni e iper-selettive per altri. In definitiva, il documento CUN appare del tutto settoriale e privo di un metodo unitario. Le sue debolezze sono evidentemente conseguenza della faticosa opera di mediazione fra corporazioni accademiche che è dietro la sua stesura, in cui ogni area e ogni suo settore sembra aver seguito interessi e logiche proprie, quasi mai adottando parametri virtuosi.
Di diverso tenore, a nostro avviso, il parere offerto dall’ANVUR. Pur essendosi l’ANVUR trovata a formulare un parere in tempi molto brevi (i componenti dell’Agenzia erano ancora di fresca nomina), essa si è mostrata aperta al confronto con tutte le parti. Ha preso in considerazione commenti e obiezioni, trattando la questione dei criteri abilitativi, così come quella dei criteri di valutazione della attività di ricerca e didattica, come un processo in continua evoluzione, anziché una serie statica e immutabile di “criteri minimi” come nel documento CUN.Per i settori scientifici non-umanistici, il parere ANVUR si basa essenzialmente su requisiti di tipo bibliometrico, fissando soglie identificate sulla base del calcolo della mediana dei parametri bibliometrici posseduti dai docenti strutturati appartenenti ai settori per i quali si richiede l’abilitazione. Se ad esempio si prende in considerazione l’h-index, si chiede che il candidato all’abilitazione abbia un h-index maggiore del valore corrispondente alla mediana di coloro che appartengono a quel settore nel ruolo al quale il candidato vuole accedere (PA o PO). È chiara la selettività di criteri del genere, il fatto che essi abbiano una base statistica e che nel tempo accrescano inevitabilmente la produttività di un settore. Altra cosa che positivamente impressiona è che ANVUR tiene conto della continuità produttiva, richiedendo che tali parametri siano calcolati entro gli ultimi 5 (per i PA) o 10 (per i PO) anni, in modo da mettere sullo stesso piano giovani e meno giovani (è noto infatti come i parametri bibliometrici crescano con l’anzianità accademica).
Degno di nota ci pare il modo in cui l'Agenzia ha affrontato la specificità dei settori umanistici (attribuendo punteggi ai diversi prodotti scientifici in base alla loro circolazione nazionale o internazionale), dove oggi sicuramente non sono applicabili gli schemi bibliometrici proposti per le aree scientifiche. A questo proposito ci pare che la soluzione proposta dall’ANVUR costituisca un ottimo risultato, sia perché incentiva l’internazionalizzazione, sia perché contribuisce a ridurre l'arbitrio esercitato dalla commissioni di concorso (senza però azzerarne i poteri decisionali). Per quanto riguarda le discipline di area umanistica ci paiono sensate e apprezzabili le modifiche proposte congiuntamente dalla Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e dall’Associazione degli Italianisti in uno spirito costruttivo e non difensivo. Seguendo tali proposte crediamo che si possa stimolare anche in area umanistica una vera promozione del merito.
Nonostante le critiche ricevute, e la campagna mediatica che si è da subito scagliata contro la proposta ANVUR e per la difesa dello status quo, l’Agenzia non si è chiusa a riccio, tutt’altro.
ANVUR ha emanato un documento in cui emenda il proprio parere, tenendo conto di molte delle critiche ricevute e rigettandone, sempre in modo motivato, altre. Questo approccio ha positivamente impressionato noi precari della ricerca, da sempre abituati a un modo di agire burocratico e autoreferenziale caratteristico dell’Accademia e della politica italiana.
ANVUR introduce oggi un approccio che ha il merito di guardare a obiettivi chiaramente identificati, in questo caso quelli di operare una selezione del corpo docente basata sul merito e di accrescere la produttività della comunità scientifica italiana. E non lo fa dal punto di vista dei potentati accademici o di interessi di singole discipline, ma sulla base di studi accurati e alla luce delle migliori pratiche internazionali.
ANVUR inoltre cerca di incentivare il più possibile le pubblicazioni su riviste e/o editori internazionali dove con tal termine si deve intendere quei lavori pubblicati per essere letti in un circuito mondiale e scritti in lingua inglese. Ciò non perché, come qualcuno obbietta, si pecchi di esterofilia o si voglia sminuire la lingua di Dante e di Leopardi, quanto perché l’inglese è oggi, piaccia o non piaccia, la lingua universalmente adottata in un contesto internazionale e risulta essenziale, per un ricercatore (ormai di tutte le discipline), comunicare i risultati dei propri lavori al pubblico più ampio possibile. Questo può finalmente spingere l’Accademia italiana ad uscire dalla sua nota autoreferenzialità, aprendosi al dibattito scientifico in un contesto globale.
Con l’ANVUR si può dialogare, si può intervenire, si può suggerire e criticare, nella consapevolezza che le critiche costruttive saranno prese in considerazione e poste al vaglio di uno studio particolareggiato. APRI desidera con questo comunicato manifestare il proprio apprezzamento per il metodo e lo stile di lavoro adottati dall’ANVUR in questi mesi.

22 settembre 2011

lunedì 31 gennaio 2011

DECRETI ATTUATIVI, STATUTI D'ATENEO E REGOLAMENTI INTERNI: LE PROPOSTE APRI


RICHIESTE DI APRI PER LA STESURA DEI REGOLAMENTI DI ATENEO E DEI DECRETI ATTUATIVI DELLA LEGGE 30 DICEMBRE 2010, N. 240

L’Associazione dei Precari della Ricerca Italiani (APRI), a seguito dell’entrata in vigore della nuova riforma dell’Università italiana (legge 240/2010), vista l’imminente necessità da parte del MIUR di emanare i decreti attuativi in materia di organizzazione delle Università, del personale accademico e del reclutamento, ritiene indispensabile che si tenga nella dovuta considerazione il parere dei precari della ricerca. Essi, infatti, quotidianamente contribuiscono e spesso in modo determinante a portare avanti con successo la ricerca scientifica e la didattica negli Atenei italiani.

APRI, in spirito costruttivo e dialogico e avendo a cuore soltanto il miglioramento del sistema “Ricerca ed Università” italiano, intende proporre quanto segue:

DECRETI MINISTERIALI:

Abilitazione Nazionale PA e PO

APRI ritiene che, al fine di non svilire lo strumento dell’Abilitazione nazionale per il ruolo di Professore Associato e Professore Ordinario, i criteri debbano essere realmente selettivi. A tale scopo, dovrebbe essere condotto da CUN e ANVUR uno studio serio e accurato, con la partecipazione attiva dei rappresentanti di tutte le categorie operanti nel mondo della ricerca universitaria, comprese le associazioni di precari della ricerca. Consapevoli che tali criteri sono destinati a variare a seconda delle specificità dei singoli settori scientifico disciplinari (SSD), vogliamo di seguito illustrare alcuni principi generali da cui riteniamo non si possa prescindere:

1. I criteri abilitativi devono essere elaborati a partire da rigide griglie numeriche che permettano un’oggettiva corrispondenza tra i titoli presentati dal candidato e il punteggio maturato grazie a essi. Tali griglie dovranno tener conto della produttività scientifica del candidato (numero di pubblicazioni), di eventuali grants da esso ottenuti, di eventuale coordinazione autonoma e certificata di gruppi di ricerca, di eventuali brevetti, del numero di convegni internazionali attesi in qualità di oratore. Per i settori in cui ciò sia pertinente, esse terranno conto anche di indicatori bibliometrici come h-index e impact factor.

2. Vi devono essere chiari “limiti minimi” di punteggio, al di sotto del quale l’abilitazione è negata. Tali limiti minimi non dovranno essere in alcun caso inferiori alla media dei punteggi che deriverebbero dai titoli dei partecipanti ai concorsi per PA e PO (a seconda dell’abilitazione) nei precedenti due anni per un determinato settore.

3. Per il computo dei punteggi sopra menzionati devono essere prese esame soltanto le pubblicazioni degli ultimi 5 anni dalla data dell’esame di abilitazione. Ciò a garanzia del fatto che gli abilitati siano ancora nella loro fase produttiva.


Reclutamento

APRI ritiene che, al fine di rilanciare il reclutamento sia necessario puntare con forza sui giovani, sulla qualità della ricerca e sulla produttività dei singoli e delle istituzioni universitarie. Pertanto propone che:

1. Si preveda anche per gli appartenenti ai ruoli di PA e PO il pensionamento per chi ha raggiunto i anni 65 di età e allo stesso tempo i 35 anni di contributi, al fine di dare più spazio alle nuove generazioni. È bene notare che i professori in pensione potrebbero continuare la loro attività di collaborazione con le Università e i Dipartimenti senza però gravare sul Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO).

2. Al fine di ripristinare, in tempi ragionevoli, il turn over del 100% fra punti organico liberati mediante pensionamento e punti organico impegnati mediante nuovo reclutamento, si porti il turn over almeno al 70% nel 2011. Limitatamente agli Atenei che riceveranno una positiva valutazione dall’ANVUR, si porti il turn over al 100% a partire dal 2012.

3. Si rifinanzi il programma FIRB portando i finanziamenti almeno a 200 milioni di euro per il 2011. Il 60% di essi sia dedicato alla linea dei ricercatori non strutturati, senza limiti di età anagrafica ma solo di “anzianità accademica”, cioè di anni dal conseguimento del dottorato, sull’esempio degli Starting Grants “Ideas” dell’European Research Council. Chiediamo anche una gestione più efficace del processo di selezione dei progetti e attribuzione dei finanziamenti: la valutazione dei progetti non richieda più di sei mesi e i fondi siano resi disponibili entro e non oltre 10 mesi dalla scadenza del bando.

4. Il numero annuo di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b), dell’ultima legge di riforma in essere nell’ateneo non dovrà essere inferiore al 40% del numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a) in essere. Ciò al fine di evitare che i contratti ex-lettera a) finiscano per configurarsi come l’ennesima forma di contratto precario privo di sbocchi realistici nel sistema accademico italiano e siano invece legati a un’effettiva possibilità di partecipazione ai contratti ex-lettera b), c.d. “tenure track”. Quanto detto, ferma restando la possibilità per un ateneo di bandire contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a) e b) fuori dalle summenzionate quote, quando il costo degli stessi non ricadesse sul Fondo di Finanziamento Ordinario.

5. L’importo netto mensile minimo degli assegni di ricerca, da stabilire mediante decreto del Ministro secondo il dettato dell’articolo 22, comma 7, della legge di riforma, non dovrà essere inferiore a circa 1600 euro, retribuzione ancora non comparabile con quella di analoghi contratti europei, ma sicuramente più dignitosa degli attuali 1230 euro (il cui importo è invariato da ben 7 anni).

6. L’importo minimo delle docenze a contratto, da stabilire mediante decreto del Ministro secondo il dettato dell’articolo 23, comma 2, della legge di riforma, non dovrà essere inferiore a 90 euro netti per ora di didattica frontale.

STATUTI E REGOLAMENTI DI ATENEO:

Per quanto riguarda i regolamenti di Ateneo, APRI fa proprie le istanze presentate nella “piattaforma” elaborata dal Coordinamento Precari Universitari (CPU). In particolare:

1. i regolamenti di Ateneo che disciplineranno le procedure per gli assegni di ricerca (articolo 22, comma 4), i contratti per attività di insegnamento (articolo 23, comma 2) e i contratti da ricercatore a tempo determinato (articolo 24, comma 2) dovranno essere preparati da apposite commissioni che includano anche rappresentanze di lavoratori precari e dovranno assicurare il rispetto dei principi di trasparenza concorsuale e la massima pubblicità dei bandi, da pubblicare sul sito dell’Ateneo e nel maggior numero possibile di siti istituzionali. A tal proposito, è auspicabile che il MIUR si impegni a costituire un portale nazionale che raccolga tutti i bandi, comprendendo anche quelli per assegni di ricerca e per contratti di insegnamento.

2. Ai lavoratori precari con qualsivoglia tipo di contratto devono essere riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori strutturati dell’Ateneo (asili nido, mense, parcheggi, rimborsi spese, partecipazione a bandi per fondi di ricerca d’ateneo…). In quest’ottica, chiediamo che negli statuti vengano esplicitamente introdotti standard minimi che sanciscano diritti e tutele di cui ciascun lavoratore dell’Ateneo, a tempo determinato o indeterminato, deve necessariamente usufruire e si preveda la definizione di una retribuzione minima al di sotto della quale nessun rapporto di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, possa per alcun motivo scendere.

Alessio Bottrighi

presidente APRI

giovedì 30 dicembre 2010

NAPOLITANO FIRMA, PUR RILEVANDO ALCUNE CRITICITA'







Il Presidente della Repubblica ha firmato il DDL Gelmini. Contestualmente alla firma si è anche premurato di inviare al CDM una lettera contenente alcuni rilievi critici.


Riportiamo il testo inviato dal Quirinale al Consiglio dei Ministri:

"Promulgo la legge, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare.
L'attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma, nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità, riscontrabili in particolare negli articoli 4, 23 e 26.

Per quel che riguarda l'articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato - pur non lasciando la norma, da un punto di vista sostanziale, spazio a dubbi interpretativi della reale volontà del legislatore - si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all'impegno assunto dal Ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell'articolo. Per quanto concerne l'art. 4 relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell'appartenenza territoriale. Inoltre l'art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale. Infine è opportuno che l'art. 26, nel prevedere l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale.

Al di là del possibile superamento - nel corso del processo di attuazione della legge - delle criticità relative agli articoli menzionati, resta importante l'iniziativa che spetta al governo in esecuzione degli ordini del giorno Valditara e altri G 28.100, Rusconi ed altri G24.301, accolti nella seduta del 21 dicembre in Senato, contenenti precise indicazioni anche integrative - sul piano dei contenuti e delle risorse - delle scelte compiute con la legge successivamente approvata dall'Assemblea. Auspico infine che su tutti gli impegni assunti con l'accoglimento degli ordini del giorno e sugli sviluppi della complessa fase attuativa del provvedimento, il governo ricerchi un costruttivo confronto con tutte le parti interessate".

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Perché il testo entri in vigore a tutti gli effetti dobbiamo attenderne la pubblicazione in G.U. e poi aspettare i 15 giorni di vacatio legis.

Dopodiché si vedrà se i decreti e regolamenti essenziali per mettere in moto la complessa macchina saranno effettivamente emanati celermente, come il Ministro ha promesso.

Inoltre bisognerà vigilare sulla riscrittura di statuti e regolamenti interni da parte degli atenei. In questo senso una prima ed essenziale rivendicazione di APRI è che rappresentanze dei precari e dei dottorandi siano coinvolte nelle commissioni che verranno incaricate della stesura di tali importantissimi testi.