Com’è noto, la polemica sul decreto ministeriale di ripartizione dei
punti organico alle Università, che vede alcuni Atenei particolarmente
avvantaggiati, ed altri, in prevalenza meridionali, molto sfavoriti, è
nata a seguito di un articolo, apparso inizialmente sul sito ROARS, di
un ricercatore di matematica –Beniamino Cappelletti Montano- che è stato
uno dei fondatori dell’APRI. La replica del Ministro non si è fatta
attendere, anche con un’intervista sul Mattino di venerdì scorso, alla
quale ha fatto eco un’intervista dell’on. Boccia sulla Gazzetta del
giorno dopo, e si basa su argomenti giuridici. Al proposito, quindi,
chiediamo il parere di Vito Plantamura, un altro dei fondatori
dell’APRI, che oggi è ricercatore a tempo indeterminato di area giuridica all'università di Bari.
Caro Vito, secondo te gli argomenti giuridici del Ministero sono fondati?
In
sintesi, la Carrozza sostiene di non aver operato alcuna scelta, di
aver avuto le mani legate dalla normativa vigente, che era stata
prevista dal precedente governo Monti, e di essersi limitata ad
applicare i criteri di legge. Secondo me, invece, la Carrozza ha
applicato al decreto del 2013 dei criteri restrittivi che, per legge
(art. 7 del d.lgs. n. 49/12), espressamente dovevano applicarsi solo al
2012. Sempre secondo la stessa legge, poi, i nuovi criteri restrittivi,
valevoli per i successivi tre anni, dovevano essere previsti, su
proposta del Ministro dell’Università, con decreto del Presidente del
Consiglio. Ma non risulta che la Carrozza abbia avanzato alcuna proposta
in merito e, di fatto, non esiste tale decreto di ridefinizione, per il
triennio successivo al 2012, dei criteri restrittivi.
Quindi il ministro cosa ha fatto?
Ha
esteso analogicamente, al 2013, i criteri del 2012. Secondo me, però,
ciò non sarebbe possibile, appunto perché si tratta di restrizioni,
ovverosia di eccezioni alla regola generale, di possibilità di
utilizzazione piena, per ogni ente, del proprio turn over: possibilità
che può pure essere compromessa per legge, ma che, se il limite legale
(necessariamente temporaneo) viene meno, elasticamente si riespande.
Tuttavia, sempre per legge (art. 14 delle c.d. preleggi), le norme che
stabiliscono un’eccezione alla regola generale, non si possono estendere
analogicamente, e quindi non si applicano oltre i casi e, appunto, i
tempi, in esse considerati.
Si è molto discusso anche sulla cosiddetta clausola di salvaguardia, cosa ne pensi?
A
mio avviso, si tratta di una questione che proprio non si sarebbe
dovuta porre. Comunque sia, Mancini (Capo del Dipartimento Università
del Ministero, n.d.r.), in un articolo apparso sul sito ROARS, ha
sostenuto che, nel 2012, Profumo doveva applicare tale limite del 50%
del turn over, mentre, nel 2013, la Carrozza non doveva. Per quanto mi
riguarda, tuttavia, Mancini si sbaglia, perché interpreta come rinvio
mobile quello che invece, per com’è scritto, in tutta evidenza sarebbe
un rinvio fisso, ovverosia un rinvio ad una specifica disposizione, e
non ad una fonte normativa, con ininfluenza conseguente delle successive
modifiche legislative. Mancini sostiene inoltre che, a seguito del
decreto Monti sulla spending review, non vi era più bisogno del decreto
del Presidente del Consiglio, per la determinazione dei nuovi criteri
restrittivi, ma si dovevano applicare quelli del 2012. Sinceramente,
l’argomento mi ha stupito. Infatti, al proposito di tali criteri, il
decreto Monti sulla s.r. si limita a ribadire che bisogna comunque
tenere conto di quanto stabilito dal citato art. 7, che appunto
prevedeva criteri espressi per il 2012, e stabiliva che, per gli anni
successivi, dovessero esserne previsti di nuovi con decreto del
Presidente del Consiglio (su proposta del Ministro). Sostenere che ciò
possa comportare la non necessità, per il 2013 e per il futuro, di
prevedere le nuove restrizioni di cui a tale art. 7, e invece, allo
stesso tempo, la necessità di continuare ad applicare
(indefinitivamente?) le vecchie e, soprattutto, temporanee, restrizioni
previste dal medesimo art. 7 per il solo 2012, è qualcosa che,
nonostante la citazione dei lavori parlamentari utilizzata per
l’occasione dal Mancini, mi sembra intimamente contraddittorio e privo
di un qualsivoglia aggancio normativo.
Pare quindi di capire che per te il punto non sia quello della c.d. clausola di salvaguardia?
Certo.
Il punto sarebbe che la Carrozza, da un lato, avrebbe scelto di non
fare ciò che forse avrebbe dovuto fare, ovverosia proporre dei nuovi
criteri restrittivi e, dall’altro, avrebbe scelto di fare quanto
probabilmente non avrebbe dovuto fare, cioè estendere analogicamente
delle restrizioni, previste limitatamente al 2012, oltre i tempi di
legge. In questo modo, inoltre, replicando nel 2013 i criteri valevoli
per il solo 2012 (per giunta senza la clausola di salvaguardia), invece
di proporne di nuovi, la Carrozza avrebbe deciso autonomamente, senza
passare dal vaglio della Presidenza del Consiglio, alla quale, per
legge, sarebbe spettata l’ultima parola sulle nuove restrizioni. Quindi,
anche se la Carrozza si fosse attenuta alla clausola del non più del
50% del turn over, secondo me avrebbe ugualmente sbagliato, se pur con
effetti meno eclatanti, perché l’errore starebbe molto più a monte.
Siccome, però, a tale clausola non si è attenuta, si potrebbe sostenere
che la Carrozza avrebbe operato pure una terza scelta controversa,
interpretando un rinvio evidentemente fisso, come mobile. I risultati di
queste tre ipotizzate scelte, a mio avviso sbagliate? L’enorme divario
tra Atenei che godranno di un turn over fin oltre il 200%, e quelli
penalizzati, con un turn over inferiore al 7%.: tutti Atenei che, a mio avviso, potrebbero vittoriosamente impugnare il decreto dinanzi
all’Autorità giudiziaria.