L'INCERTEZZA REGNA SOVRANA, SI PAVENTA UN BLOCCO DELLE ASSUNZIONI NELLA PUBBLICA AMMINSTRAZIONE CHE COLPIREBBE A MORTE LE SPERANZE DI UNA GENERAZIONE DI GIOVANI PRECARI.
NONOSTANTE LE ANSIE E' COMUNQUE DOVEROSO MANTENERE LA LUCIDITA', CONTINUARE A RAGIONARE E A PROPORRE SOLUZIONI.
DI SEGUITO PUBBLICHIAMO L'INVITO CHE APRI RIVOLGE AL GOVERNO.
l’APRI (Associazione dei Precari della Ricerca Italiani) chiede di voler superare, per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, il modello del pubblico concorso. In molti Paesi occidentali, infatti, le Università reclutano i propri docenti in base a selezioni private, compiute dai Dipartimenti di competenza, tra coloro che hanno risposto ad annunci internazionali (applicants). Un comitato - formato ad hoc dal Dipartimento che ha offerto la posizione - esamina le domande degli applicants, compie rapidamente una prima selezione (short list), e quindi invita per un seminario e colloquio (interview) i candidati rientranti in tale lista ristretta. In genere, al candidato vincente viene offerta la posizione nel giro di poche ore o, al massimo, di un alcuni di giorni; se non accetta, la posizione viene offerta al candidato secondo classificato, e così via. In alcuni casi, però, può accadere che, secondo il comitato, non ci siano candidati adeguati alla posizione, e quindi l'annuncio venga ripetuto.
Questo modello funziona bene perché, in tali Paesi, è attivo un sistema di valutazione della produzione scientifica, e sono previste sanzioni, non solo per i docenti immeritevoli, ma anche per chi li ha selezionati, e per il Dipartimento di appartenenza. Dunque, diviene conveniente selezionare il candidato migliore. Risulta evidente, inoltre, che tale modello più avanzato, di chiamata diretta responsabile, sarebbe esportabile in qualsiasi ramo della pubblica amministrazione, in cui fosse attivo un sistema di valutazione del rendimento dei dipendenti. In Italia, tuttavia, per consentire il reclutamento mediante chiamata diretta responsabile nelle pubbliche amministrazioni, sarebbe necessaria una modifica dell’art.97, co.3, della Costituzione. In particolare, l’APRI propone la seguente bozza eventuale di comma terzo, dell’art.97 Cost.:
“Salvo i casi eccezionali stabiliti dalla legge per straordinarie e peculiari esigenze, agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, oppure tramite chiamata diretta da parte dell’amministrazione interessata, con la previsione, nei confronti dei soggetti chiamanti, di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, per la selezione di soggetti chiamati che, secondo la valutazione di un’apposita agenzia terza ed indipendente, avranno dato prova di un rendimento inadeguato.”.
A tal proposito, è importante chiarire che la nuova forma di responsabilità che si propone sarebbe - secondo la previsione costituzionale - personale e colpevole, e non oggettiva e per fatto altrui, in quanto si baserebbe sul paradigma della culpa in eligendo, il cui utilizzo è riconosciuto anche nel diritto penale.
La questione fondamentale, però, è che una responsabilità del chiamante, per il rendimento del soggetto chiamato in base ad una scelta errata, deve sussistere realmente, altrimenti la chiamata diretta (a questo punto irresponsabile) diventerebbe solo una fonte di abusi, se è possibile, ancora peggiori di quelli che, in questi anni, si sono perpetrati tramite il sistema concorsuale. È proprio per questo motivo che il rendimento del pubblico dipendente, soprattutto in un sistema di chiamata diretta responsabile, deve essere valutato da una agenzia terza ed indipendente.
Quindi, una legge ordinaria che consentisse, nel nostro Paese, la chiamata diretta responsabile, ad es., dei docenti universitari, – che poi è quello che a noi direttamente interessa - dovrebbe essere possibile solo dopo la realizzazione della piena operatività dell’ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca): realizzazione che, con la presente, l’APRI Le chiede di voler finalmente attuare, senza dare ascolto a quella tesi secondo la quale la valutazione dei docenti dovrebbe essere di competenza dei rispettivi Atenei, introducendo così una perfetta coincidenza, tra controllori e controllati, sulla quale non pare minimamente necessario spendere parole di commento. D’altronde, la valutazione della produzione scientifica è l’elemento cardine, e sarebbe addirittura preferibile un sistema caratterizzato ancora dal modello concorsuale, ma dotato di una agenzia di valutazione pienamente efficiente, che non uno più avanzato di chiamata diretta (responsabile?), in cui, però, la valutazione risultasse concretamente ineffettiva.
Ultima cosa ma non meno importante, chiediamo di voler finanziare il reclutamento di almeno 2.000 ricercatori, con le nuove regole (da prorogare) del c.d. decreto Gelmini. Su tali nuove regole, infatti – che purtroppo, per una serie di ritardi, non sono state ancora messe alla prova dei fatti -, sono basate le speranze di tanti ricercatori precari scientificamente meritevoli. Anche le migliori regole di reclutamento, tuttavia, non servono a nulla in un sistema privo di finanziamenti, e le risorse messe a disposizione, a tal fine, dall’allora Ministro Mussi, per vari motivi, si sono ridotte ad una “manciata” di posti. Dunque, l’APRI chiede al Governo – che fin ora nulla ha fatto al proposito – di voler finanziare le sue stesse nuove regole meritocratiche, così evitando di destinare al macero, in modo cinico e spietato, un’intera generazione di precari, spesso eccellenti nelle materie di rispettiva competenza.
Del resto, sia il finanziamento di nuovi posti da ricercatore, che la proroga delle regole introdotte con il c.d. decreto Gelmini, risultano, in ogni caso, assolutamente necessari; ma, a fortiori, dovrebbero essere ritenuti tali, qualora - come noi fortemente auspichiamo - si decidesse di percorrere, soprattutto per quanto riguarda il reclutamento dei docenti universitari, la strada delle opportune modifiche costituzionali, invece di affidare il futuro dell’Università italiana al sistema di reclutamento dei docenti delineato dal d.d.l. di riforma, in questi giorni sottoposto al vaglio del Senato: d.d.l. che in tale parte, inevitabilmente, nasce già vecchio, in quanto, essendo limitato dall’attuale dettato costituzionale, non può che riproporre il superato modello del pubblico concorso.