L'Italia è destinata a diventare un enorme parco per la terza età?
I segnali sembrano chiari: abbiamo una delle classi politiche più anziane d'Europa, tutte le posizioni di potere sono occupate da anziani. Nella nuova finanziaria si prevede di alzare l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 78 anni.
Naturalmente il mondo universitario non sta a guardare: a dicembre 2006 l'età media dei ricercatori era di 44.9 anni, quella dei Professori Associati 52.1 e quella dei Professori Ordinari 58.7. Per evitare di rovinare questo primato, si sono tenuti bloccati per quasi un anno i concorsi da ricercatore e a tutt'oggi, a 10 mesi dall'indizione dell'unico bando per giovani ricercatori, “Futuro in Ricerca”, ancora non sappiamo a che stato di avanzamento sia la valutazione dei progetti (è in corso una petizione per protestare contro questi ritardi). Così mentre orde di famelici vecchietti si godono il Bel Paese, i giovani sono costretti ad emigrare per cercare lavoro, specialmente nel mondo accademico. Problema che affligge in particolar modo la ricerca, dove i coraggiosi che provano a far carriera in Italia sono ridotti a macchiette di anziani baroni.
Come sempre, il MIUR sembra animato dalle migliori intenzioni. Il Ministro Gelmini ha più volte espresso la volontà di cambiare questo stato di cose, «cercando di svecchiare, favorendo il ricambio generazionale e l’ingresso di nuovi ricercatori, in modo che non siano costretti ad andare all’estero per poter lavorare» (4 Aprile 2009). Consapevole del fatto che nel nostro Paese «c'è bisogno di un ricambio generazionale» dichiara «stiamo definendo una riforma del sistema universitario che va in questa direzione» (24 Giugno 2009) e «stiamo puntando ad una riforma dell’università» che «punterà sul ricambio generazionale, sull’apertura ai giovani, sull’efficienza, sulla meritocrazia e su un utilizzo oculato delle risorse» (29 Settembre 2009). E' passato più di un anno da quando il ministro si è insediato. Bisogna darle atto di un certa coerenza di idee, ma all'atto pratico questa riforma non c'è. Neve o nebbia permettendo, la riforma è stata presentata, quantomeno nel “pre-Consiglo dei Ministri”. Dalla bozza ufficiosa, che circola in rete ormai da alcuni giorni, è difficile dare un giudizio completo, perché tante, troppe cose sono demandate a decreti accessori da emanare successivamente. Ma una cosa la si può dichiarare senza ombra di dubbio: il ricambio generazionale non è previsto. Al di là delle buone intenzioni mostrate a parole non sono arrivati azioni.
I docenti universitari potranno continuare ad andare in pensione a 72 anni e in alcuni casi anche a 75, vista la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato parzialmente illegittimo il provvedimento dell'ex-Ministro Mussi che aboliva progressivamente il “fuori ruolo”.
Ci voleva e ci vuole più coraggio per trasformare le parole in fatti. Sì, perché in alcune precedenti bozze era stata prevista (adesso sparita) una norma che permetteva alle università di pre-pensionare i professori universitari a 65 anni. Norma già piuttosto "generosa" visto che permetteva e non obbligava le università a pre-pensionare … e ci riesce difficile immaginare che chi nell'università attualmente detiene il potere lo avrebbe usato contro se stesso.
Anche in questo il nostro Paese rimane fuori dall'Europa, dove i professori universitari vanno in pensione normalmente a 65 anni. E anche stavolta della promessa di ricambio generazionale, apertura ai giovani e svecchiamento dell'università rimane poco o nulla.
Rinnoviamo la nostra richiesta di allineare l'università italiana al resto del mondo civile e portare l'età della pensione dei professori universitari a 65 anni. Non si tratta di uno scontro generazionale. Si tratta invece di una svolta, di un cambiamento di strada, che svecchi e rilanci la nostra università, liberandola da migliaia di ultra 65-enni spesso entrati per ope-legis e da anni inattivi dalla ricerca. Si tratta di dare respiro al nostro sistema universitario e puntare sui giovani, dando loro la possibilità di competere in modo equo e meritocratico, come avviene nel resto del mondo, per poi non poterci lamentare ciclicamente dei cervelli in fuga.
Questo doveva essere il momento di dimostrare che l'Italia è anche un paese per giovani. Il momento di essere coraggiosi fino in fondo. Lo chiediamo anche e soprattutto a quei 72 parlamentari che sono professori universitari e quelli che sono ministri. Volete cambiare le cose? oppure vi annoverate tra i “baroni” che il Governo, a parole, dice di voler combattere, e volete mantenere la gerontocrazia attuale?