E' passato un anno dall'entrata in vigore della L.240/2010 e la nave battente la bandiera dell'università italiana è completamente alla deriva: reclutamento bloccato, diffuse illegalità nei pochi bandi che escono, provvedimenti dall'odore stantio di ope legis, precariato sempre più diffuso.
Per questo motivo l'APRI ha deciso di scrivere al Ministro Profumo (questa volta sul serio!) per chiedere un incontro ed esporre quelli che vengono ritenuti dei provvedimenti possibili e in grado di ridare speranza al mondo dell'università e, di conseguenza, al futuro del nostro paese.
Di seguito la nostra lettera.
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Ecc.mo Ministro Prof.
Francesco Profumo
Piazza Kennedy, 20
00144 – Roma
OGGETTO:
Quattro proposte per ridare speranza alla ricerca italiana
L'Associazione dei Precari della Ricerca Italiani
(APRI) nasce nell’estate del 2008 in seguito alla mobilitazione creatasi
intorno a una petizione in cui si chiedeva al MIUR di attuare una revisione in
senso meritocratico delle procedure concorsuali per i posti di ricercatore e al
contempo di avviare una riforma complessiva dell’Università, capace di
introdurre anche in Italia una vera autonomia responsabile delle istituzioni
accademiche, sostenuta da un processo di valutazione indipendente della ricerca
scientifica. Oggi, APRI ha oltre duecento iscritti e anima un blog internet che
conta migliaia di accessi settimanali al forum di discussione:
www.ricercatoriprecari.blogspot.com
Il fine ultimo di APRI,
secondo il suo statuto, è l’introduzione in Italia di un sistema di università
e ricerca in linea con le migliori esperienze del resto d’Europa e del mondo.
Lo stato di difficoltà e
declino in cui versa l’università italiana, causato dalla miope gestione
politica e accademica degli ultimi trent’anni anni, dovrebbe essere curato,
secondo APRI, vincolando gli investimenti statali alla qualità della ricerca e
della didattica. In tal modo, si renderebbe possibile un reclutamento di
ricercatori e docenti basato esclusivamente sul merito scientifico e aperto
alla comunità internazionale, lasciando finalmente alle spalle gli obsoleti
meccanismi di cooptazione docente-allievo ancora largamente dominanti in
Italia.
APRI, pertanto, auspica che
il sistema universitario si apra all’esterno promuovendo, grazie anche agli
incentivi offerti da un sistema premiale di distribuzione dei finanziamenti
pubblici, il reclutamento dei migliori ricercatori di qualunque provenienza e
nazionalità, ponendo così fine, per via meritocratica, al fenomeno tutto
italiano del precariato come viatico obbligato di accesso alla carriera
universitaria.
Illustre Sig. Ministro, ci rivolgiamo
oggi a Lei consapevoli del momento di profonda crisi economica che l’Italia
attraversa, per chiederLe di prendere in considerazione le proposte di seguito
delineate, volte al rilancio del settore ricerca e università e del Paese nel
suo insieme.
Le criticità della Riforma Gelmini
Fin dalla sua presentazione in Parlamento come
Disegno di Legge governativo, APRI ha avuto un atteggiamento di confronto e
critica costruttiva verso quella che poi è divenuta la Riforma Gelmini (legge
n. 240/2010), ponendo una specifica attenzione al nuovo sistema di reclutamento
introdotto.
In un primo tempo, APRI ha accolto
positivamente l’intenzione di voler introdurre in Italia un sistema di accesso
ai ruoli universitari noto a livello internazionale come tenure-track, superando così il fenomeno tutto italiano dei
“ricercatori a vita” e sottoponendo i ricercatori stessi a un processo di
valutazione costante del proprio operato.
Tuttavia, nel corso dell’iter
parlamentare, l’associazione ha assunto un atteggiamento vistosamente più
critico nei confronti del progetto di Riforma che andava delineandosi in
conseguenza dei numerosi emendamenti approvati, per la confusione creata
dall’introduzione di una duplice figura di ricercatore a tempo determinato (con
e senza tenure-track) e in assenza di
meccanismi in grado di incentivare le università a bandire le posizioni tenure-track (ricercatore TD di tipo b).
Tale scelta ci è apparsa
infatti del tutto incomprensibile alla luce della mancata abolizione della
figura dell’assegnista di ricerca: quella del ricercatore a TD di tipo a) ne
risulta infatti una sorta di duplicato che perpetua nel tempo il problema della
frammentazione delle figure di ricercatore a termine di cui si avvale il
sistema universitario, in linea con il più ampio fenomeno di dispersione
contrattuale che affligge le giovani generazioni in Italia e al quale il
governo di cui Lei fa parte ha dichiarato di voler metter fine introducendo un
contratto unico per i lavoratori a termine.
Le considerazioni di cui
sopra sono avvalorate dai fatti: ad oggi (30/12/2011), su 249 posti di
ricercatore a tempo determinato banditi soltanto 2 sono di tipo tenure track!
Inoltre, i posti di
ricercatore a tempo determinato di tipo a) sono quasi sempre banditi
richiedendo, in aperta violazione della legge, profili ultra-particolareggiati
che in tutto e per tutto richiamano le modalità di reclutamento ad personam degli assegnisti di ricerca.
Per la maggior parte, questi bandi sono infatti legati a specifici progetti di
ricerca (sebbene non sia sempre chiara la fonte del finanziamento, se da fondi
esterni o da fondi ordinari); in questo modo appare ovvio come la posizione
bandita sia di fatto destinata a membri del medesimo gruppo di ricerca, con
buona pace dell’internazionalizzazione della nostra università e dei buoni
propositi continuamente espressi a favore della mobilità dei ricercatori
italiani e della lotta al sistema di cooptazione localistica.
Proposte
per la fase due del Governo Monti
Alla luce delle criticità sinteticamente
individuate, APRI avanza le seguenti quattro proposte:
1) Per
superare il localismo del reclutamento:
§
Chiediamo
l’avvio di un piano meritocratico di reclutamento di ricercatori a tempo
determinato di tipo a) e di tipo b), selezionati esclusivamente sulla base
della qualità del CV e in particolare delle pubblicazioni scientifiche, con il
coinvolgimento di referees indipendenti
italiani e soprattutto stranieri. In tal senso, proponiamo di adottare come
possibile modello di riferimento i programmi spagnoli Juan de la Cierva – destinati
a ricercatori post-doc junior corrispondenti alla figura di ricercatore TD di
tipo a) – e Ramón y Cajal – destinati a ricercatori post-doc senior
corrispondenti al ricercatore TD di tipo b). Tale piano avrebbe l’obiettivo di invertire
l’attuale sistema di reclutamento, collegando i fondi ai ricercatori vincitori
della selezione ai quali si darebbe la facoltà di decidere il dipartimento in
cui portarli; in tal modo, premiando il merito anziché la fedeltà accademica,
si aprirebbe finalmente il sistema italiano all’arrivo di ricercatori
dall’estero (come accaduto in Spagna, precedentemente afflitta da problemi di
localismo simili a quelli del nostro paese).
2) Per
favorire il ricambio generazionale:
§
In
considerazione della fase storica di fuoriuscita dal sistema universitario per
raggiunti limiti d’età di una parte consistente dell’attuale corpo docente,
proponiamo il ripristino del turn-over al 100%, insieme con la revisione del
sistema dei punti organico da associare alle figure a tempo determinato;
3) Per ridurre
la frammentazione contrattuale dei ricercatori a termine in Italia:
§
Proponiamo la soppressione
della figura degli assegnisti di ricerca.
4) Per
garantire una maggior regolarità nei bandi di ricercatore a tempo determinato:
§
Chiediamo che il
MIUR, o in alternativa l’ANVUR, assuma un ruolo più incisivo di vigilanza
sui bandi e sulle procedure di reclutamento, che oggi più che mai evidenziano
diffusi fenomeni di illegalità.
Al
fine di discutere insieme queste proposte, APRI Le chiede di voler incontrare
al più presto una delegazione dell’associazione.
Confidando in un
positivo riscontro, cogliamo l’occasione per porgerLe i più cordiali auguri di
felice nuovo anno.
La Presidenza dell'APRI