venerdì 29 luglio 2016

Una delegazione APRI al MIUR

Il giorno 20 Luglio 2016 il Capo Dipartimento per l'università, l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca presso il MIUR, prof. Marco Mancini, ha ricevuto una delegazione in rappresentanza di APRI - Associazione dei Precari della Ricerca Italiani. 
La discussione ha avuto avvio dalla questione del DDL Pagliari (DDL 1873 presso la VII Commissione Permanente del Senato della Repubblica). La delegazione ha esposto tutte le preoccupazioni dei precari verso le proposte emendative al citato DDL, ribadendo con forza - come già fatto attraverso il presente blog - la contrarietà di APRI verso qualunque provvedimento che penalizzi i precari, allungando il periodo di tenure-track previsto dalla Legge 240/2010 e impedendo a coloro che già stanno usufruendo di contratti da ricercatore a tempo determinato (RTD) di accedere alle valutazioni per l'ottenimento della proroga biennale (tipologia A) o per l'immissione in ruolo nel corso del terzo ed ultimo anno di contratto (tipologia B).
La discussione è poi proseguita concentrandosi sulla proposta di APRI di modifica della L. 240/2010 (cfr. precedente post in questo blog), ed in particolare sulla questione dell'abolizione degli assegni di ricerca e del rifinanziamento del sistema ai fini di una sostanziale sostituzione degli assegni con contratti RTD di tipologia A, più tutelati e meglio retribuiti.
La delegazione ha poi espresso tutta la contrarietà di APRI nei confronti dell'eventuale precarizzazione dei ruoli di ricercatore presso gli enti pubblici di ricerca, ed ha chiesto delucidazioni riguardo all'avvio delle procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale "a sportello". A tal proposito, è stata discussa con il prof. Mancini l'eventualità di un'ulteriore proroga dei contratti RTD-B in scadenza per i titolari ancora non in possesso dell'abilitazione (e che non abbiano partecipato alle tornate precedenti): se, come è probabile, tale proroga verrà inserita nel prossimo decreto milleproroghe, sarà necessario che essa sia agganciata al completamento delle procedure ASN: la delegazione ha sottolineato la rilevanza di questo aspetto, molto importante al fine di evitare rischi di estensione indiscriminata del precariato per i ricercatori. 

lunedì 14 marzo 2016

Proposte APRI per un’azione efficace di modifica della legge Gelmini

La recente presa di posizione della Comunità Europea in merito alla necessità di porre limiti stringenti alla rendicontazione degli assegni di ricerca nell’ambito dei progetti con finanziamento comunitario, rappresenta un’occasione per apportare affinamenti alla legge 240/2010 (c.d. Legge Gelmini), necessari non solo per consentire alla ricerca italiana di non perdere ulteriormente competitività a livello europeo, ma anche per consentire ai ricercatori di usufruire senza esclusione alcuna di contratti di lavoro dignitosi. 
Attualmente, la gran parte dei ricercatori precari in Italia usufruisce di assegni di ricerca, contratti di lavoro parasubordinato che, lo ricordiamo, non danno luogo a tutele degne di questo nome, nemmeno nel caso di periodi di disoccupazione (purtroppo molto frequenti). La discutibile presa di posizione del Ministero del Lavoro sul fatto che gli assegnisti di ricerca non abbiano diritto alla DIS-COLL rende evidente quanto siano necessarie spinte “esterne”, affinché all’attività di ricerca dei precari possa essere attribuito un degno riconoscimento, come nel resto d’Europa.
Il Partito Democratico ha recentemente stilato un documento (la cosiddetta Carta di Udine), nel quale si auspica una riduzione del periodo di precariato per il ricercatore, con previsione di un massimo di 8 anni di durata per le posizioni pre-ruolo (a fronte dei dodici anni previsti attualmente dalla L. 240/2010, c.d. Legge Gelmini). L'Associazione dei Precari della Ricerca Italiani (APRI) esprime parere favorevole rispetto a tale indirizzo, ma nel dettaglio è critica riguardo al fatto che l’attuale proposta del PD prevedrebbe un allungamento della specifica forma contrattuale a tempo determinato che prelude direttamente all’immissione in ruolo (dagli attuali 3 anni, ai proposti 5 anni). E’ fondamentale sottolineare che, a normativa vigente, il combinato disposto della L. 240/2010, Art. 24, c. 3 e del D.M. 344/2011, Art. 2, c. 1 fa sì che la tenure-track italiana sia in media già tra le più lunghe al mondo, con un minimo di 6 anni di periodo “di prova”, fino ad un massimo che in linea teorica non ha limiti. In questa fase storica, in cui migliaia di precari si avvicinano più ai cinquanta che ai quarant’anni, le commissioni che saranno chiamate a valutare i ricercatori a tempo determinato di tipo B (ovvero in tenure-track) potrebbero effettivamente trovarsi nella situazione di dover giudicare i candidati sulla base di CV lunghi diversi lustri, in vista dell’immissione in ruolo come Professori Associati. Se, come APRI spera, il PD intende davvero investire sulla ricerca e arrestare l’attuale tendenza allo sfruttamento dei precari, allora non si comprende come possa essere oggetto di discussione un eventuale allungamento del contratto RTD-B.

In tale contesto, APRI propone i seguenti quattro provvedimenti per un’azione efficace di modifica della legge Gelmini:
  • Abolizione degli assegni di ricerca negli Atenei
  • Modifica della durata possibile per i contratti di ricercatore a tempo determinato di tipo A (RTD-A, che come noto non prevedono una valutazione finale per l'accesso al ruolo): da uno a tre anni, rinnovabili fino a max. 5 anni complessivi nella stessa sede.
  • Riduzione del carico didattico in capo all'RTD-A: esclusione di obblighi di didattica frontale e previsione di sole attività di insegnamento integrativo e di servizio agli studenti, per un massimo di 175 ore (la metà delle ore annuali attualmente previste)
  • Possibilità di accesso ai concorsi per RTD-B a tutti gli studiosi in possesso dell'Abilitazione Scientifica Nazionale

Tale proposta è di facile applicabilità in quanto richiede solo piccole variazioni della L. 240/2010, vedi QUI, ed una sua attuazione sarebbe quindi molto meno traumatica di una nuova riforma profonda del sistema di reclutamento accademico (che arresterebbe l’ormai già lentissima macchina dei concorsi per posizioni accademiche, con effetti nefasti soprattutto sui più deboli, ovvero sui precari). Inoltre, se attuata tale proposta responsabilizzerebbe le sedi universitarie, che non potrebbero più sostenere interi Corsi di Laurea con contratti di ricercatore privi di concrete prospettive di stabilizzazione, ed infine renderebbe l'RTD-A la figura contrattuale di riferimento per il giovane ricercatore, anche nell'ambito di progetti finanziati dalla Comunità Europea. Ciò finalmente garantirebbe ai ricercatori post-dottorali tutte le tutele ed i diritti propri del lavoratore subordinato a tempo determinato, come già avviene nelle migliori esperienze europee, permettendo loro di raggiungere livelli salariali paragonabili, ad esempio, a quelli dei post-doc spagnoli. Con questa proposta, APRI intende offrire una prospettiva realistica e al contempo sostenibile, per il miglioramento dei meccanismi di reclutamento nel sistema universitrio nazionale.

Ulteriori precisazioni:
  • Nel presentare tale proposta, APRI richiede con forza l'immissione di risorse economiche aggiuntive nel sistema universitario, affinché il numero annuo di bandi per ricercatore a tempo determinato raggiunga livelli analoghi agli assegni di ricerca oggi banditi dalle università.
  • Nel proporre l' "accesso ai concorsi per RTD-B a tutti gli studiosi in possesso dell'Abilitazione Scientifica Nazionale" (proposta al punto 4), APRI intende fornire una ulteriore via di accesso a tali bandi e nel contempo sanare una evidente contraddizione nel sistema attualmente in vigore (il possesso di ASN per la seconda fascia della docenza è già condizione sufficiente per la partecipazione ai concorsi per Professore Associato ma non lo è per RTD tipo b). Questa possibilità in più di partecipazione si aggiungerebbe alle altre già previste dalla L. 240/2010, in particolare la possibilità di poter concorrere ad bandi per RTDb ove in possesso di tre anni di RTDa ovvero di assegno di ricerca pre-Gelmini. 
  • Per quanto concerne l'accesso ai concorsi per RTD tipo b (tenure track), APRI incoraggia lo studio di una ulteriore semplificazione della L. 240/2010 al fine di consentire la partecipazione a tutti coloro che hanno tre anni di regolare contratto di ricerca Post Doc indipendentemente dalla specifica forma contrattuale, similmente a quanto già previsto per i contratti all'estero. Cio' consentirebbe la partecipazione ai concorsi per RTDb anche a coloro che hanno svolto attività di ricerca con contratti di tipologia diversa dall'Assegno di Ricerca pre-Gelmini ovvero dal RTDa (ad esempio Co.Co.Co.,  finanziamenti regionali, borse di studio da privati...). Inoltre, nell'equiparare i contratti all'estero, APRI invita a sanare l'attuale contraddizione che prevede l'equiparazione dei soli contratti in "atenei" esteri, sostituendola con "atenei e centri di ricerca all'estero". Questa contraddizione nella nostra normativa fa sì che tre anni di Post Doc (o altri contratti) presso prestigiosi Centri di Ricerca internazionali (quali ad esempio il CNRS, i Max Planck Institutes, il CERN di Ginevra, la NASA, i National Laboratories americani come Berkeley o Los Alamos) non siano oggi sufficienti a partecipare ad un concorso per RTDb in Italia mentre lo sono tre anni di Post Doc in una qualsivoglia università all'estero.       
SEMPLIFICARE e RIFINANZIARE sono le parole chiave della nostra proposta. 

giovedì 11 febbraio 2016

DDL 1873 sui ricercatori a tempo determinato: 'cca nisciuno è fesso!!!

Nei giorni scorsi, abbiamo notato pressioni affinché venga ripresa al Senato la discussione del DDL Pagliari (N. 1873), riguardante la riforma dei contratti di ricercatore a tempo determinato. Tale richiesta fa seguito alla recente presa di posizione della Comunità Europea, in merito alla necessità di porre limiti stringenti alla rendicontazione degli assegni di ricerca nell’ambito dei progetti con finanziamento comunitario. Sebbene sia senz’altro auspicabile l’uscita dei precari dal pantano dei contratti di lavoro parasubordinato quali gli assegni di ricerca (che, lo ricordiamo, non danno luogo a tutele degne di questo nome nemmeno nel caso di periodi di disoccupazione, purtroppo in questi ultimi anni molto frequenti per chi aveva un assegno in scadenza), è probabilmente poco avveduta e molto pericolosa l’idea di affidare al DDL N. 1873 le speranze dei precari.
Da una parte, alcune delle previsioni del DDL 1873 stanno per essere inserite nella legge “mille proroghe” che presto sarà approvata in senato [1]. Dall’altra la discussione del DDL 1873 ha avuto derive emendative degne di nota, perché in nettissimo contrasto con gli interessi dei ricercatori precari, già martoriati da anni di sottofinanziamento che li ha colpiti in pieno, decimandoli.
Un esempio in tal senso è l’emendamento proposto dal senatore Russo (professore associato presso l’Università di Udine), che prevede una trasformazione delle posizioni di ricercatore a tempo determinato di tipo B (RTDb), ovvero le uniche che, a seguito di valutazione positiva, possono dare luogo alla stabilizzazione dopo un triennio di contratto precario [2].
Tale proposta emendativa farebbe sì che per tali posizioni il precariato si allunghi a 6 anni, con valutazione intermedia, e tali modifiche avrebbero effetto anche sui contratti RTDb in corso. E così, i 700 highlander precari che sono già in attesa della valutazione della loro attività in vista della stabilizzazione, si vedrebbero appioppati altri 3 anni di precariato (sempre che nel frattempo la valutazione intermedia non li elimini anticipatamente dal sistema universitario italiano). Va da sé che tale emendamento è funzionale ad interessi ortogonali a quelli dei precari in generale, perché toglie risorse ai precari; si dirà: ma la proposta del senatore Russo elimina la figura del ricercatore a tempo determinato di tipo A, ovvero quello senza tenure track. Questo è vero, ma in un periodo in cui si parla insistentemente di una nuova riforma per il sistema universitario, è molto probabile che l’unico effetto pratico di tale emendamento, se venisse approvato, sarebbe appunto l’allungamento del precariato per i 700 sopravvissuti, ovvero degli attuali RTDb che stavano cominciando ad intravedere la fine del tunnel. E in generale, una tenure track rigida di 6 anni rappresenterebbe un'anomalia nel panorama internazionale: più funzionale alle necessità dei giovani precari sarebbe un percorso flessibile in cui il ricercatore precario possa chiedere di essere valutato per il passaggio in ruolo dopo un periodo ragionevole (ad es. dopo i primi 3 anni).
Il DDL Pagliari negli scorsi mesi aveva subito un notevole rallentamento. Forse tale rallentamento è anche dovuto al fatto che proposte emendative come quelle appena descritte determinano l’inconveniente di rallentare anche le progressioni di carriera di coloro che già godono di una posizione di docenza a tempo indeterminato. Infatti, la previsione della riscrittura dei decreti ministeriali necessari per la valutazione dei nuovi (iddio ce ne scampi) RTDb, avrebbe ripercussioni anche sulla tempistica delle progressioni di carriera che attualmente vengono effettuate ai sensi dell’Art. 24, comma 6 della L. 240/2010 (c.d. Legge Gelmini). Insomma, pare incredibile, ma i precari devono ringraziare l’on. Gelmini e i suoi collaboratori dell’epoca, per aver scritto una legge che lega in parte il destino dei non strutturati a quello delle figure di ruolo degli Atenei.


[1] http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0038530.pdf (cfr. pag. 23)

[2] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emendc&leg=17&id=941283&idoggetto=932895


P.S.: E' da accogliere con grande favore la nuova posizione appena espressa dal Senato (VII Commissione), in merito all'improrogabilità dei contratti RTDb. Si riporta di seguito un estratto del resoconto della seduta del 17 Febbraio:

"... omissis ... si ritiene indispensabile chiarire che i contratti da ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 240 del 2010 hanno durata triennale e non sono rinnovabili, ad eccezione di quelli in scadenza nel corso dell'anno 2016, che possono invece essere rinnovati in corso d'anno ma comunque per una durata che non può andare oltre il 31 dicembre 2016".

Il resoconto integrale si può trovare all'indirizzo di seguito riportato, seguendo il secondo link "ALLEGATO" nel menù di sinistra:

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=964931