Di
(articolo originariamente apparso su l'Unità del 7 marzo 2014)
Siamo in regime di blocco del reclutamento universitario, ma qualche
concorso viene ancora bandito. Si tratta di concorsi a posti di
“ricercatore a tempo determinato” una nuova figura che, secondo la
recente riforma dovrebbe costituire il canale principale di reclutamento
dei giovani alla carriera universitaria.
I concorsi dovrebbero essere aperti a tutti i giovani qualificati, ma
molti professori, con il consenso delle università e del Ministero
hanno trovato il modo di riservarli a priori ad alcuni predestinati. Lo
strumento è ben noto, si tratta del cosiddetto “concorso a fotografia”
per il quale nel bando viene disegnato un “profilo” del futuro vincitore
che corrisponde esattamente al profilo scientifico del predestinato, ad
esempio corrisponde al titolo e all’argomento della sua tesi di
dottorato. Questa pratica furbesca che consente di prescindere dal
merito scientifico dei concorrenti è talmente ben nota che la legge la
proibisce esplicitamente. La Legge 240 del 2010 stabilisce che un
eventuale “profilo” può essere specificato “esclusivamente tramite
indicazione di uno o più settori scientifico disciplinari”, per fare un
esempio si potrà specificare che il candidato debba essere un esperto di
“Probabilità e Statistica Matematica” ma non necessariamente un esperto
di “Processi di diffusione negli spazi ultrametrici”.
I bandi che non rispettano la legge dovrebbero essere censurati dal
Ministero, ma questo non avviene; anzi il Ministero stesso incoraggia
questo tipo di bando consentendo la descrizione del profilo nel sito
ufficiale del Ministero. La violazione della legge potrebbe essere
eliminata attraverso il ricorso di un candidato ai Tribunali
Amministrativi, ma i ricorsi costano e nessuno può garantire che il
ricorrente che ottenga dal tribunale la cancellazione del “profilo” dal
bando, risulti poi vincitore. Complice il Ministero si sta diffondendo
quindi una prassi illegale che può portare solo danni al sistema
universitario.
Naturalmente le scuse per violare la legge sono molte, ma tutte
legate a una caratteristica negativa del sistema universitario e
scientifico in Italia e cioè la sua struttura gerarchica, che prevede
che gli argomenti e la direzione della ricerca siano indicati da un
anziano “grande capo”, mentre i giovani nell’età più creativa vengono
mantenuti in una situazione di dipendenza. Secondo questa prassi il
posto di ricercatore appartiene quindi ad un “grande capo” che ha
diritto di scegliersi il “collaboratore”. Localismo e nepotismo, i mali
dell’università italiana sono casi estremi di questa assurda prassi.
venerdì 28 marzo 2014
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pensare di cambiare questa assurda prassi e limando i profili dai concorsi per ricercatore, èpura follia...
RispondiEliminaintanto facciamo rispettare la legge
EliminaIl Parlamento l'ha fatto per sport. Ginnastica.
RispondiEliminaCerto..facciamo rispettare la legge, ma come?
RispondiEliminaa)Dandosi fuoco davanti al parlamento
b)lanciandosi con il paracadute sul cavallo di Via Mazzini
c) evirandosi in prima serata a Sanremo.
L'avete capito o no che non c'è storia. Avete pure creduto nella Gelmini. La rete memorizza tutto e non perdona. E ora si fanno concorsi ad personam solo per le appendici dei capetti di dipartimento.
Come sempre, ma forse anche peggio!!